tecnici e giuristi insieme: approfondimenti tecnico-giuridici sistematici

Edilizia - Giurisprudenza

CdS, Sez. IV, ordinanza 6-11-2010

Accertamenti di conformità e distanze

Con l'ordinanza in commento, su ordinanza sospensiva TAR Toscana n. 547 del 34.6.2010, il Consiglio di Stato affronta i seguenti argomenti:

  • l'accertamento di conformità:
    • in sede di accertamento di conformità ex art. 13 della legge n. 47/1985 ( ed ora ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, sostanzialmente identico, per quanto qui ne occupa, all’art. 140 della L.R. Toscana n. 1/2005 ), non può essere accolta l'istanza di sanatoria di manufatti, quand’anche gli stessi ben potrebbero essere realizzati sulla base della disciplina urbanistica vigente al momento della pronuncia sull’istanza medesima ancorché non conformi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione, tanto comportando il sostanziale ripudio dell'esigenza della doppia conformità, ad onta della sua esplicita previsione negli artt. 13 e 36 cit. e dello stesso principio di legalità;
  • rapporto tra il regime delle distanze (il caso affrontava la costruzione di locale caldaia e forno in muratura, realizzati sul confine est del lotto di pertinenza all’abitazione) e gli strumenti urbanistici:
    • in tema di distanze nelle costruzioni, qualora gli strumenti urbanistici ( nella fattispecie l’art. 20 del Regolamento Urbanistico applicabile ratione temporis alla fattispecie ) stabiliscano determinate distanze dal confine e nulla aggiungano sulla possibilità di costruire « in aderenza » od « in appoggio », la preclusione di dette facoltà non consente l'operatività del principio della prevenzione ( Cassazione civile , sez. II, 09 aprile 2010 , n. 8465;
    • sanzione amministrativa conseguente all'abusività e motivazione:
      • la sanzione (demolitoria o pecuniaria) è legata all'abusività dell'opera e dunque la stessa non necessita di un'ulteriore motivazione in ordine all’interesse pubblico ad essa sotteso;

 

TAR Veneto n. 1268 e n. 5242 del 2010

Annullamento in autotutela del permesso di costruire - presupposti e condizioni - diritti dei terzi e ctu nei riti civili

Con due sentenze, una del 2 aprile e l'altra del 30 settembre, il TAR del Veneto è tornato ad affrontare il tema dell'annullamento c.d. d'ufficio del permesso di costruire.

Il primo caso riguarda un annullamento parziale di un permesso di costruire del 2005, disposto con un provvedimento del 2009 facendo riferimento ad una CTU svolta nel giudizio civile, insorto tra proprietari di fondi finitimi per regolare il confine di proprietà, quindi la titolarità di una porzione di terreno sul quale è stato realizzato (parte) dell'intervento permesso, motivato da "parziale difetto di titolarità del sedime ...evidenziando anche la errata rappresentazione dei luoghi circa l'andamento della linea confinaria.".

Il secondo caso, invece, riguarda due provvedimenti di parziale annullamento in autotutela dei titoli edificatori rilasciati nel 1999 e nel 2000, riferite ad una ristrutturazione edilizia di edificio datato ubicato in centro storico, segnatamente con ordinanze del 2004 e del 2007, la prima per "sopraelevazione arbitraria dell'edificio mediante non conforme rappresentazione dello stato dei luoghi, limitatamente al dislivello di m 0,15", la seconda in rettifica della prima in quanto il dislivello è di m. 0,269 anzichè 0,15.

 

Consiglio di Stato, sez. 4, 2 novembre 2010

Regime delle distanze e permessi di costruire - nozione di costruzione ai fini della rilevanza

La Giustizia Amministrativa sembra assottigliare sempre più la differenza che si riteneva sussistere tra i concetti in relazione all'ambito di riferimento: urbanistico-edilizio e civilistico.

La stessa giurisprudenza indica(va), ad esempio, che il concetto di costruzione in senso civilistico (con riferimento all'art. 873 del codice civile) appare più ampia di quella esistente in ambito edilizio-urbanistico, come più ampia risulta la nozione civilistica di pertinenza (cfr. art. 817 del codice civile) rispetto a quella edilizia-urbanistica (in ragione dei differenti profili di tutela).

Sempre la giurisprudenza insegna(va) che, sempre in merito al concetto di costruzione, compete al Giudice collegare la fattispecie concreta con quella legale, e ciò in ordine alla sussistenza di talune caratteristiche (cfr. le sentenze citate nel volume "Il regime delle distanze in edilizia", pag. 28, Maggioli Editore, giugno 2010).

Eppure, nonostante questa caratterizzazione (che, come detto, forse si può ritenere tra i motivi della differenziazione delle stesse giurisdizioni perchè differenti sono gli interessi in tutela da considerare e valutare), sembra che G.A. e G.O. (giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria - civile) si stiano avvicinando, almeno per quanto concerne i concetti (o nozioni) sottesi ad alcuni termini (o parole).

 

TAR VE 21 ottbre 2010 n. 5694

L.R. Veneto 14/09: si deroga alle distanze previste nei PRG

Tecnojus ha voluto attendere di commentare la sentenza del TAR Veneto per i comprensibili effetti che ne possono seguire.

Ad ogni modo la sentenza non si limita a condividere il ricorso ma contiene altri spunti di interesse, non ultimo un accenno agli interventi comunali che rischiano di "comprimere l'efficacia di una disciplina di legge ..".

La sentenza, a nostro avviso, va letta con molta attenzione e cautela (tra l'altro è una sentenza breve), sia in ordine all'oggetto del contendere (la deroga alle distanze) sia con riguardo ai profili argomentativi espressi e che potrebbero non rappresentare un via libera alla deregulation in materia di distanze.

 

Consiglio di Stato 2 novembre 2010

Standard nei piani urbanistici attuativi con preesistenze - strade

La sentenza si riferisce all'appello di una sentenza TAR secondo la quale "l’amministrazione, nel procedere ad una pianificazione di recupero, può legittimamente richiedere gli standards necessari con riferimento alle preesistenze edilizie delle quali il piano prevede la conservazione".

Per il Consiglio di Stato la decisione del TAR è corretta in quanto la "dotazione degli “standards” a corredo del piano, rapportandola alle sole nuove edificazioni, costituirebbe una ingiustificata compressione del potere pianificatorio, soprattutto preclusiva di un miglioramento delle condizioni di vivibilità relativamente agli edifici preesistenti, realizzandosi così un aumento del deficit urbanistico del tutto contrario alla finalità stessa del piano di recupero."

Circa il computo delle sedi stradali interne nel calcolo degli standards correttamente "il primo giudice ha escluso quest’ultime dal calcolo gli standard necessari, peraltro in corretta applicazione dell’art. 3 del DM n.1444/1968 che prevede esplicitamente detta esclusione".

TAR Puglia, LE, 28-09-2010

Titolo abilitativo edilizio e condizioni di "operatività" dello stesso

Un Comune ha precisato che il rilascio del permesso di costruire viene condizionato: “all’acquisizione di documenti e pareri mancanti. Considerata la diffida alla convocazione della Conferenza di Servizi, si richiedono nuovamente le notizie richieste con l’ultima nostra nota e copie in numero sufficiente degli elaborati tecnici da trasmettere agli Enti".

Il TAR adito, ha ritenuto fondato il ricorso proposto dagli interessati per "violazione degli artt. 5 e 20 del d.P.R. n. 380/2001 e degli art. 1, comma 2, e 14 della l. n. 241/1990 nonché la violazione del divieto di aggravio del procedimento e dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione ..

Ne consegue l’illegittimità del provvedimento gravato che, in sede di rilascio del permesso di costruire, ne subordina l’operatività all’acquisizione di documenti e pareri, essendo invece obbligo del Comune provvedere direttamente e, alla ricorrenza delle condizioni legislativamente previste (avere formalmente richiesto e non ottenuto, entro trenta giorni, dalla Amministrazione competente, l’assenso necessario), convocare, altresì, una conferenza di servizi finalizzata all’acquisizione della volontà delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vari interessi in gioco (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 21 novembre 2007, n. 3932; 15 gennaio 2010, n. 170)."

Fonte: Lexambiente.it

TAR Campania, NA, 26-10-2010

Titolo abilitativo edilizio e autorizzazione paesaggistica

"la concessione edilizia de qua sia stata rilasciata in assenza della predetta autorizzazione ex art. 7 cit., rispetto ad un territorio comunale interamente dichiarato di notevole interesse pubblico con D.M. 28.3.1985 (pubbl. in G.U. 26.4.1985) sicchè “ai fini del rilascio della predetta concessione era pregiudiziale la preventiva autorizzazione ex art. 7 della citata legge 1497/1939”. Come ha infatti statuito la (risalente) giurisprudenza, in materia sussiste il principio in base al quale, ancorché il nulla osta paesaggistico e la concessione edilizia siano preordinati ad interessi tra loro diversi, per effetto dell’art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357 (reg. di attuazione della legge sulle bellezze naturali) che fa espresso divieto al sindaco di rilasciare concessioni edilizie in zone soggette a vincolo paesistico se non previo nulla osta della soprintendenza (ora regione), quest’ultimo costituisce presupposto di legittimità della concessione (cfr., Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sent. del 14 febbraio 1990, n. 100)."

Fonte: Lexambiente.it

CdS, sez. IV, 18-10-2010

Ricostruzione: significato - è il ripristino contemplato nella definizione di restauro e risanamento conservativo?

Oggetto di controversia è stata la permessa "ricostruzione" di un piano primo "sul presupposto che il fabbricato da riattare e trasformare fosse composto – quanto meno nel passato meno recente - che, oltre al piano terra, visibile all’epoca del rilascio, esistesse (o fosse esistito) anche un piano superiore" (Così in TAR Veneto, 30-4-09 n. 1356).

La "ricostruzione", viene sostenuto in giudizio da una delle parti, non esistendo esplicitamente come categoria autonoma, si deve far rientrare in quella di "restauro e risanamento conservativo", in quanto la definizione legale prevede espressamente che tali interventi "... comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori ...", sopratttutto nel caso in cui le NTA ammettessero che per ripristino “devono intendersi gli interventi di ricostruzione di quelle parti originali dell’edificio crollate o demolite che sono documentate in modo incontrovertibile (con foto, disegni, documenti, catasti) e la cui ricostruzione è indispensabile per la ricomposizione architettonica e tipologica dell’edificio stesso” (c.d. ripristino tipologico e filologico di una preesistente struttura).

Corte dei Conti Sez. II centrale App. sent. del 4-10-10

Abusi edilizi: danno erariale da parte degli organi di vigilanza

La sentenza (di conferma sentenza n. 2053/2004 Sezione Lazio) affronta la responsabilità di un comandante dei Vigili urbani di un ente locale per danno erariale derivante dal mancato versamento nelle casse comunali di somme riscosse per il rilascio di verbali di dissequestro per abusivismi edilizi.

Fonte: Lexambiente

Corte di Giustizia delle C.E., sentenza 7-10-2010, causa C-224/09

Sicurezza cantieri - designazione Coordinatore

La sentenza sembra riferirsi alla disposizione del d.lgs. 81/08, articolo 90, comma 11, prima della modifica introdotta con la legge 88/2009 (art. 39, co. 1).

Infatti la disposizione censurata è quella previgente che così recitava: «11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si applica in ogni caso quanto disposto dall’articolo 92, comma 2». Mentre il comma 2, dell'articolo 92 asserisce: «Nei casi di cui all’articolo 90, comma 5, il coordinatore per l’esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e b)».

Secondo diversi autori anche tale disposizione imponeva la redazione di un PSC soltanto in fase di esecuzione e non in quella di progettazione.

La questione potrebbe risultare superata con la novella apportata al comma 11 del citato art. 90 con relativa interpretazione ministeriale: il CSE va desiganto contestualmente all'affidamento della progettazione al fine di svolgere i compiti prescritti per il CSP.

Ad ogni modo queste le conclusioni della sentenza (testo integrale sentenza):

Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le questioni sollevate dichiarando che l’art. 3 della direttiva 92/57 deve essere interpretato come segue:

–        il n. 1 di tale articolo osta ad una normativa nazionale che, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese, consenta di derogare all’obbligo incombente al committente o al responsabile dei lavori di nominare un coordinatore per la sicurezza e la salute al momento della progettazione dell’opera o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori;

–        il n. 2 dello stesso articolo osta ad una normativa nazionale che preveda l’obbligo per il coordinatore della realizzazione dell’opera di redigere un piano di sicurezza e di salute nel solo caso in cui, in un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire, intervengano più imprese, e che non assuma come criterio a fondamento di tale obbligo i rischi particolari quali contemplati all’allegato II di detta direttiva.

Cass. Pen. 20 settembre 2010 n. 33910

Lottizzazione abusiva e confisca dei terreni

Poiché la confisca ha natura sanzionatoria, la stessa non può essere disposta nei casi di terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, contro i soggetti estranei alla commissione del reato che siano possessori in buona fede.
Non sono ammissibili tutele di ammissibilità oggettiva, neppure con riferimento alle sanzioni amministrative.

Il principio sembra abbastanza innovativo, anche se poi è dato leggere in sentenza che “il terzo acquirente di un immobile abusivamente lottizzato può essere destinatario della confisca qualora sia ravvisabile una sua condotta quanto meno colposa in ordine al carattere abusivo della lottizzazione negoziale o materiale".

Massima curata dall'Avv. Pierfrancesco Zen

 

Cass. Pen. n. 35390 del 30-9-2010

Interventi di restauro e risanamento conservativo - caratteristiche - ricostruzione su ruderi - crollo murature durante i lavori - conseguenze - rapporto tra normative

Con la sentenza in commento il Giudice Penale non si limita a confermare alcuni orientamenti giurisprudenziali sia della giurisdizione penale che amministrativa (Consiglio di Stato e TAR), bensì affronta le caratteristiche dell'intervento di restauro e risanamento conservativo, ed in particolare la definizione degli elementi tipologici, formali e strutturali, la legittimità di un titolo abilitativo edilizio in ordine all'intervento permesso e il rapporto tra definizioni legali previsti dalla normativa nazionale, regionale e locale.

Il caso:

con permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica era stato autorizzato un intervento asseritamente finalizzato al recupero di un'unità agricola originaria ed in particolare alla ricostruzione di un edificio parzialmente diruto;

Cass. Pen. n. 32947 del 8-9-2010

DIA e regimi sanzionatori

Con la sentenza in commento il Supremo Consesso ha ritenuto fondato il ricorso dell'imputato secondo il quale "l'ordinamento non prevede l'applicazione di sanzioni penali nell'ipotesi di difformità parziale dalla DIA ritualmente presentata".

Secondo la S.C. la DIA prevista dal 3° comma dell'art. 22 del D.P.R. n. 380/2001, "non è istituto ontologicamente diverso da quello disciplinato dai due commi precedenti e differisce da esso soltanto in relazione agli interventi assoggettabili (alternativamente) alla procedura".

Questa annotazione della S.C. sembra contrastare con il parere dell'Ufficio Legislativo del Ministro per la Semplificazione Normativa in merito alla DIA/SCIA.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 6/8/10 n. 2654

Permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica

la sentenza sopra citata evidenzia che:

Il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica sono titoli che assolvono funzioni differenti in quanto tutelano valori differenti e sono emessi sulla base di valutazioni di tipo diverso (l’una di conformità urbanistica, l’altra di compatibilità paesaggistica). Pretendere che dall’emanazione dell’una possa discendere un affidamento all’emanazione anche dell’altro significa negare l’autonomia dei due titoli abilitativi e pretendere, alla fin fine, di poter fare a meno di uno di essi, avendo ottenuto l’altro.

Consiglio di Stato, sez. IV, 3/8/10 n. 5170

Lottizzazione abusiva: configurabilità della fattispecie

la sentenza sopra citata evidenzia che:

.... ai fini della individuazione, nella fattispecie, di una ipotesi di lottizzazione abusiva sulla scorta dell’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale della Cassazione secondo cui, come nel caso in esame, la stessa si configura per effetto del mutamento di destinazione d’uso di un complesso immobiliare la cui originaria destinazione assentita dalla P.A era quella di manufatti in zona artigianale con destinazione laboratorio- alloggio del custode(cfr. Cass. Pen., III sez., n. 42471/08).

E’ noto che il reato di lottizzazione abusiva, secondo la definizione contenuta nella L. n. 47 del 1985, art. 18, trasfuso senza modificazioni nel DPR n. 380 del 2001, art. 30, può essere realizzato mediante attività materiale costituita dalla esecuzione di opere che determinano una trasformazione edilizia o urbanistica del territorio, in violazione degli strumenti urbanistici vigenti o adottati o comunque di leggi statali e regionali, ovvero il compimento di attività negoziale che, attraverso il frazionamento dei terreni, ne modifichi inequivocabilmente la destinazione d’uso a scopo edificatorio (Cass. Pen. N. 10889/05).

Particolare rilevanza assume, quindi, la destinazione del territorio stabilita dagli strumenti urbanistici, in quanto la lottizzazione abusiva viene ad incidere direttamente sul potere di programmazione dell’uso del territorio da parte dell’ente locale o sull’assetto del territorio già stabilito.

Al riguardo è stata identificata la lottizzazione abusiva nel caso in cui le singole unità abitative perdano la originaria destinazione d’uso per acquistare quella residenziale, posto che tale modifica si pone in contrasto con lo strumento urbanistico (Cass. Pen., III Sez., n. 6990 del 2006).

La fattispecie corrisponde a quanto verificatosi nella fattispecie, ove, secondo quanto accertato in sede istruttoria e in sede di consulenza tecnica, manufatti originariamente assentiti a scopo artigianale sono stati trasformati in unità residenziali.

Gli atti impugnati in I grado hanno, infatti, posto in rilievo come gli immobili fossero ubicati in aree qualificate D ed E (zona artigianale), non contestate da parte appellante, che sostiene però che l’aver realizzato alloggi per custodi in edifici ad uso artigianale renderebbe compatibile l’intervento con la destinazione di area.

Senonchè, il mutamento di destinazione d’uso incide sulla pianificazione del territorio effettuata dalla P.A., sicchè a nulla rileva l’eventuale rispetto (invocato dagli appellanti) degli standards edificatori in relazione al rapporto superficie/volume previsti dal PRG per l’edilizia residenziale.

Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Penale

Responsabilità del direttore dei lavori e quelle del progettista

La terza sezione penale della S.C. di Cassazione, con due diverse sentenze ha affrontato la responsabilità del professionista nei due ruoli citati, consentendo di sottolinearne la funzione

  • con sentenza n. 27258 del 14 luglio 2010 - viene esaminata la responsabilità penale del direttore dei lavori del permesso di costruire con riferimento ai limiti e alle esimenti;
  • con l'articolata sentenza n. 27699 del 18 luglio 2010 in riferimento alla responsabilità penale del progettista asseverante gli interventi subordinati a DIA, vengono argomentati vari aspetti, tra cui:
    • regime degli interventi di ristrutturazione edilizia con riferimento ai mutamenti d'uso;
    • il reato di falsità ideologica di cui all'art. 481 del Codice Penale (in relazione alla qualifica di cui all'art. 359, sempre del C.P.) riconoscibile al progettista asseverante: condizioni;
    • il ruolo del progettista in caso di DIA;
    • la nozione di "asseverazione" e relativa funzione;
    • qualificazione della DIA agli effetti penali.

 

Cass. Pen., sez. III, sentenza 6 luglio 2010 n. 25631

Piscina privata: permesso di costruire - può essere pertinenza?

Con la sentenza in evidenza i Giudici Penali confermano l'orientamento secondo il quale "la realizzazione della piscina necessita di permesso di costruire e ciò perché costituiscono lavori edilizi che richiedono il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati, che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso della realizzazione di una piscina (Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia), senza discrimine sulla entità del manufatto realizzato."

Quanto premesso induce una domanda: la piscina può essere una pertinenza subordinata a DIA?

 

Consiglio di Stato, sentenza 8 luglio 2010 n. 4436

Il c.d. "falso innocuo" del professionista nelle gare pubbliche

La sentenza in commento può essere così massimata: il professionista che partecipa autonomamente, o in raggruppamento con altri soggetti, ad una gara pubblica non può dichiarare come propria una referenza relativa ad attività svolta all'interno di una società, anche nel caso in cui avesse avuto un ruolo preminente nella medesima, perchè non è possibile escludere il contributo di altri professionisti legati alla stessa società.

 

Cass. Pen., Sez. III , sentenza 24 giugno 2010 n. 24243

La rilevanza penale delle violazioni edilizie e titolo abilitativo

La sentenza in commento asserisce che "in materia edilizia - la disciplina sanzionatoria penale non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell'intervento".

 

Cass. Pen., Sez. III , sentenza 24 giugno 2010 n. 24242

Opere precarie - regolamento edilizio - clausole permessorie

La sentenza in commento sembra assumere rilevanza in seguito al novellato articolo 6 del TUED, ciò in quanto ha ad oggetto la nozione giuridica di opere precarie e le condizioni di legittimità della loro definizione nei regolamenti edilizi.

 

TAR Liguria, Sezione I, sentenza 5 luglio 2010 n. 5570

Su art. 27 TUED: vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia

La sentenza in commento, tra i vari profili, mette in evidenza che gli interventi e/o opere realizzate in assenza o in difformità dalla DIA non sono nè sanabili nè regolarizzabili con l'applicazione di una sanzione amministrativa qualora gli interventi stessi siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Ciò risulta per il fatto che l'art. 27, comma 2, del Testo Unico Edilizia, d.p.r. n. 380/01, così come modificato dalla legge 326/03, contiene un precetto generale diverso dall'art. 4, comma 2, della legge 47/85.

 

TAR Veneto, sentenza del 30-6-2010

Il concetto di ampliamento in "aderenza" - Veneto: l.r. 14/09 - piano casa - interpretazione -

Orbene il Collegio, sulla scorta dei criteri di interpretazione letterale e teleologico, ritiene che l’art. 2, comma 2, della L.R. n. 14/2009 vada interpretato nel senso che l’ampliamento del 20 per cento, consentito dall’art. 1 della medesima legge, deve essere realizzato in continuità rispetto al corpo di fabbrica preesistente, ma non importa se in aderenza, in appoggio o in sopraelevazione. Invero, ciò che interessa al legislatore è che l’ampliamento ne sia una prosecuzione fisica e non costituisca una nuova entità distinta dal precedente edificio. A tale regola generale fa eccezione l’ipotesi in cui non sia possibile la costruzione in continuità con l’edificio preesistente o ne venga compromessa l’armonia estetica, nel qual caso il legislatore consente la realizzazione di un corpo edilizio separato di carattere accessorio e pertinenziale per ottenere il beneficio previsto dalla normativa sul piano - casa.

 

Cass. Pen., sez. III, sentenza 24 giugno 2010 n. 24236

Varianti "leggere" - il/i concetto/i di variante

La sentenza in evidenza (fonte Lexambiente.it), affronta il tema delle varianti asserendo "Per quanto riguarda le c.d. "varianti in senso proprio", deve rilevarsi che non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato. La nozione di "variante", infatti, deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso di costruire ddalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonchè le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato [vedi C. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1572]"

 

Cass. Pen. nr. 35021/2009

Responsabilità del direttore dei lavori (d.l.) - il d.l. di fatto

La sentenza in commento, argomentando su principi ed indirizzi giurisprudenziali noti, soprattutto in ambito penale, consente di ricavare la definizione di "direttore dei lavori di fatto" ovvero di "committente di fatto", quali soggetti responsabili in materia antinfortunisca, specie in occasione di infortunio. In particolare sembra si sia data evidenza ad un fatto: in qualsiasi cantiere vi sono posizioni di garanzia nei confronti della sicurezza a prescindere dagli aspetti formali - ciò che rileva è il risultato finale.

 

Cass. n. 22558/2010

I sindacati parte civile nei processi penali per infortuni

La Cassazione "ha affermato che le associazioni a difesa dei lavoratori possono infatti costituirsi parte civile contro le aziende per gli infortuni sul lavoro, anche se la vittima non era iscritta al sindacato, respingendo il ricorso del capocantiere e del responsabile della sicurezza di una ditta di costruzioni, accusati di omicidio colposo per la morte sul lavoro di un operaio edile, deceduto in seguito a un brutto incidente avvenuto mentre conduceva una gru. .. "Il mutato quadro di riferimento" si legge in sentenza "porta a ritenere ammissibile, senza il predetto limite della iscrizione, la costituzione di parte civile dei sindacati nei procedimenti per reati di omicidio o lesioni colpose commesse con violazione della normativa antinfortunistica, dovendosi ritenere che l'inosservanza di tale normativa nell'ambito dell'ambiente di lavoro possa cagionare un autonomo e diretto danno, patrimoniale (ove ne ricorrano gli estremi) o non patrimoniale, ai sindacati per la perdita di credibilità all'azione dagli stessi svolta".

Fonte: sito "studio Cataldi"

 

Cass. Pen., sez. III, sentenza 24 maggio 2010 n. 19538

Art. 34: le opere difformi non demolibili non possono essere completate ma vanno tollerate nello stato in cui si trovano

La sentenza, nell'esaminare il caso specifico sottoposto al controllo di legittimità, mette in evidenza alcuni principi tra cui quello secondo il quale gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire e non demolibili per la sussistenza di un pregiudizio della parte eseguita in conformità (cfr. art. 34 del testo unico edilizia), non possono essere completati ma andrebbero tollerati nello stato in cui si trovano.

 

Cass. Pen., sez. III, sentenza 11 maggio 2010 n. 17971

Rapporti di efficacia tra permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica

La sentenza in evidenza, a prescindere dal caso specifico, contiene diverse argomentazioni di interesse delle quali almeno tre meritano un approfondimento.

Il primo argomento riguarda l'efficacia temporale del permesso di costruire a fronte di quella dell'autorizzazione paesaggistica; il secondo la natura del titolo abilitativo che si rende necessario quando le opere non sono ultimate nei termini previsti e la sua incidenza sull'attività di vigilanza; il terzo, infine, riguarda il concetto di proroga dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.

Nel commento a seguire ci limitiamo al primo, con riserva di sviluppare gli altri due successivamente.

 

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV - 22 aprile 2010, n. 1133

Ristrutturazione per D/R e disciplina di riferimento

... la giurisprudenza (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 22 luglio 2004 , n. 3210) ha chiarito che ai fini della conformità urbanistica della ristrutturazione edilizia - laddove realizzata mediante ricostruzione dell'edificio demolito ed il mantenimento di tutti i parametri urbanistico edilizi preesistenti quali la volumetria, la sagoma, l'area di sedime ed il numero delle unità immobiliari - il parametro di riferimento è rappresentato dalla disciplina vigente all'epoca della realizzazione del manufatto come attestata dal titolo edilizio e non da quella sopravvenuta al momento della esecuzione dei lavori di ristrutturazione dovendosi fare salvo, in capo all'interessato, il diritto acquisito al mantenimento, conservazione e ristrutturazione dell'immobile esistente giacché la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito.

 

Cass. Pen. sez. III sentenza 27 aprile 2010 - riflessioni

Il concetto di variante tra permesso di costruire e DIA

La sentenza (pubblicata sul sito Lexambiente.it) affronta tre questioni: il concetto di ristrutturazione edilizia nel testo unico edilizia, il concetto di variante e la natura del reato paesaggistico (periculum in mora) anche in riferimento al principio di offensività.

In merito al primo concetto ribadisce l'orientamento pressochè univoco secondo il quale il testo unico edilizio prevede due tipi di ristrutturazione edilizia:

  • quella "leggera" subordinata a DIA, quale regime depenalizzato, che può comprendere anche la demolizione e ricostruzione a condizione, tassativa, che volume e sagoma siano gli stessi;
  • quella subordinata a permesso di costruire, quale regime penalmente rilevante, contenuta nell'articolo 10, comma 1, lettera c) del testo unico edilizia, intervento non vincolato al rispetto di volume e sagoma ma che esclude la demolizione e ricostruzione. La ristrutturazione edilizia "pesante" può essere eseguita anche con la DIA alternativa ai sensi dell'art. 22, comma 3, sempre del testo unico edilizia.

Per quanto concerne il secondo aspetto, invece, secondo i Giudici di legittimità:

  • si configura variante (ad un permesso di costruire precedentemente rilasciato) solo allorquando il progetto non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato;
  • le varianti, inoltre, devono essere normalmente autorizzate con il medesimo procedimento prescritto per il rilascio del permesso di costruire e possono essere sottoposte a DIA soltanto qualora:
    • a) non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie;
    • b) non modifichino la destinazione d'uso e la categoria edilizia;
    • c) non alterino la sagoma dell'edificio;
    • d) non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.

Con riguardo al reato paesaggistico, infine, la Suprema Corte ribadisce orientamenti consolidati della medesima secondo i quali:

  • il reato paesaggistico è reato di pericolo che non necessita di un effettivo pregiudizio per il paesaggio, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici;
  • il principio di offensività deve essere inteso in termini non di concreto apprezzamento di un danno ambientale, bensì dell'attitudine della condotta a porre in pericolo il bene protetto;
  • la permanenza del reato edilizio cessa soltanto con la ultimazione di tutte le opere del fabbricato, rifiniture, infissi ed impianti compresi;
  • sussiste il preciulum in mora quando i lavori non sono ultimati tale per cui si giustificano tutte le misure cautelari finalizzate ad impedire ed evitare l'aggravamento o la protrazione di un reato in itinere.

La sentenza offre lo spunto a delle riflessioni a seguire

Cass. Pen., sez. IV, sentenza 19.4.2010

Sicurezza cantieri e principi antinfortunistici consolidati

La sentenza in commento consente di ribadire alcuni principi antinfortunistici da sempre considerati dalla giurisprudenza, anche prima del d.lgs. 626/94.

Nel caso specifico vengono valutate tre autonomi obblighi/posizioni di garanzia: appaltatore, preposto, committente.

In particolare la sentenza ricostruisce in modo analitico la posizione di garanzia del committente con particolare riferimento all'obbligo gravante sul medesimo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dei soggetti (imprese o lavoratori autonomi) cui affidare i lavori.


TAR Veneto, sez. II, sentenza 23 aprile 2010

Recinzioni e necessità del titolo abilitativo edilizio

La sentenza affronta il tema delle recinzioni e del titolo abilitativo edilizio richiesto in relazione ai caratteri costruttivi delle recinzioni stesse, ovvero quando le stesse possono essere considerate estrinsecazione dello jus excludendi alios e, quindi, attività edilizie libere.


Consiglio di Stato sentenza 11-3-2010

Varianti in corso d'opera per crollo di fabbricato

"Dopo il crollo della parete nord-est dell’edificio, il Comune ha contestato la sussistenza di opere abusive consistenti nella demolizione del fabbricato, ritenendo di non poter esaminare la richiesta di variante in corso d’opera presentata dal ricorrente, non potendosi più configurare un intervento di ristrutturazione a causa del perimento totale del bene.

Il giudice di primo grado ha rilevato che l’originario progetto assentito prevedeva il completo rifacimento del tetto ed opere sulle pareti lato sud-est e est e ha ritenuto che il crollo della parete nord-est non abbia influito sulla situazione esistente al momento del rilascio della concessione con conseguente legittimità della richiesta di variante in corso d’opera.

Il Comune appellante sostiene, invece, che dopo il crollo della parete il bene doveva essere considerato completamente distrutto e che era necessario il rilascio di una nuova concessione.

La tesi del Comune non può essere condivisa, perché si basa su una considerazione “statica” dei fatti, senza tenere conto della dinamica che ha condotto alla demolizione di rilevanti parti dell’edificio.

Infatti, l’originaria concessione legittimava la demolizione della parete lato strada e la rifondazione di altra parete e, essendo la terza parete adiacente con l’immobile confinante, sarebbe restata la sola parete nord-est, che è poi crollata.

Non è mai stato contestato al ricorrente di primo grado l’imputabilità del crollo, che deve, quindi, essere ritenuto fortuito e deve ritenersi che l’incidenza di tale fatto sulla situazione dell’immobile regolarmente assentita sia stata limitata, derivando la parziale demolizione dell’immobile già dalla concessione.

Di conseguenza, il sopravvenire del crollo della parete non ha mutato radicalmente lo stato di fatto, determinando il perimento totale del bene, ma ha costituito un elemento, che legittimava la richiesta di variante, senza la necessità del rilascio di una nuova e autonoma concessione.

Del resto, la tesi del comune, secondo cui l’intervento non poteva più essere qualificato come di ristrutturazione, contrasta con la giurisprudenza che ha chiarito che il crollo del manufatto (intervenuto accidentalmente mentre erano in atto lavori regolarmente assentiti con concessione edilizia finalizzata alla ristrutturazione edilizia dell'immobile) e la sua ricostruzione con caratteristiche volumetriche, di ingombro e ubicazionali corrispondenti a quelle sussistenti in precedenza non impediscono di ritenere che ci si trovi dinanzi ad una ristrutturazione edilizia nel senso previsto dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997, n. 291; 1 dicembre 1999 , n. 2021).

Va quindi confermato che dopo il crollo della parete era possibile adeguare la concessione edilizia attraverso una richiesta di variante in corso d’opera, che, invece, il Comune ha errato nel non valutare."


Consiglio di Stato - sentenza 23-3-2010

Principi dei rapporti tra Legge Regionale e D.G.R.V

La sentenza rileva per il fatto di essere ben scritta e argomentata in una materia specifica relativa ad un caso veneto (che potremmo titolare: "Legge Regionale 61/85: il Consiglio di Stato non ammette scorciatoie") ma che tocca i principi dei rapporti tra Legge Regionale e D.G.R.V.; spesso ci si imbatte, infatti, in norme di leggi “in bianco”.

commento a cura dell'avv. Pierfrancesco Zen

Corte dei Conti

Rassegna di giurisprudenza 2009 - responsabilità erariali

Dal sito della Corte dei Conti, dal quale è possibile accedere alle sentenze, abbiamo ritenuto selezionare alcune sentenze significative in materia di responsabilità amministrativa (danno erariale) relativamente ai giudicati del 2009:


In zona agricola ampliamenti fino a 800 mc solo se funzionali

Il Consiglio di Stato conferma il TAR Veneto n. 1353/09

Nell'aprile scorso la sentenza del TAR Veneto n. 1353/09 "sconfessava" la circolare regionale n. 2/2009 ricordando che la sistematica dell'articolo 44 della L.R. 11/2004 esosrdisce asserendo che "nella zona agricola sono ammessi, ..., esclusivamente interventi edilizi in funzione dell'attività agricola, siano essi destinati alla residenza che a strutture agricolo-produttive ..".

Il Consiglio di Stato con sentenza 12 febbraio 2010 n. 798 conferma quanto deciso dal TAR adito. Seguirà un approfondimento Tecnojus,

Grazie all'arch. Danilo Zampieri del comune di Campodarsego per la segnalazione.


Corte di Cassazione, III sez. Civile, sentenza 19-01-2010

La P.A. deve risarcire se non annulla in autotutela

Dalla sentenza in oggetto si ricava la seguente massima: la Pubblica Amministrazione che ometta di adottare tempestivamente un provvedimento di autotutela è tenuta, in forza dell'art. 2043 c.c., a risarcire il privato dei danni da questo subiti, consistenti nelle spese legali sostenute per ottenere l'annullamento dell'atto illegittimo.

Fonte: sito eius.it (dal link sottostante si accede alla sentenza per esteso sul sito eius.it)

Corte Costituzionale sentenza n. 21 del 28 gennaio 2010

Disciplina degli impianti: sicurezza di competenza statale

Con la sentenza in oggetto la Consulta ha stabilito che la disciplina per l'installazione degli impianti all'interno degli edifici non è materia di legislazione concorrente riconducibile al "governo del territorio" e alla "tutela della salute" (per cui spetta allo Stato legiferare i principi fondamentali e alle regioni le disposizioni di dettaglio).

Per i Giudici delle leggi l’obiettivo primario è quello di tutelare gli utilizzatori degli impianti medesimi, garantendo la loro incolumità, nonché l’integrità delle cose. In quest’ambito è coinvolta non solo la determinazione dei principi fondamentali, ma anche la regolamentazione tecnica di dettaglio, ossia quel complesso di prescrizioni concernenti la realizzazione dell’opera che in larga parte si sostanzia nei profili connessi alla sicurezza, e che comunque da essi non possono prescindere. Né va tralasciato il fatto che i requisiti per la sicurezza di impianti all’interno di edifici sono per lo più previsti da norme tecniche.

La disposizione impugnata – attenendo a profili di sicurezza delle costruzioni, collegati ad aspetti di pubblica incolumità – è riconducibile alla materia della sicurezza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., la quale non si esaurisce nell’adozione di misure relative alla prevenzione e repressione dei reati, ma comprende la tutela dell’interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale.

La norma impugnata non trova posto invece nella materia del “governo del territorio”, nel cui ambito rientrano gli usi ammissibili del territorio e la localizzazione di impianti o attività (sentenze n. 307 del 2003, n. 336 e n. 383 del 2005, n. 237 del 2009), ma non la sicurezza delle costruzioni; e neppure nella materia della “tutela della salute”, per quanto questa abbia assunto, dopo la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, un significato più ampio rispetto alla precedente materia dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, giacché il profilo della pubblica incolumità si differenzia concettualmente da quello della prevenzione sanitaria.

Spetta, quindi, allo Stato, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione ricorrente, adottare una disciplina applicativa dell’installazione degli impianti all’interno degli edifici anche attraverso un regolamento ministeriale.

La sentenza porta a riflettere sulla legittimità costituzionale delle leggi regionali sulla sicurezza delle coperture dopo la loro costruzione: visto che gli ambienti/luoghi di lavoro godono di specifica disciplina nazionale queste leggi regionali sono da ricondurre alla tutela della salute oppure alla tutela dell'incolumità delle persone che possono accedervi successivamete alla loro realizzazione?

Suprema Corte di Cassazione - seconda sezione civile 20995/09

Appalto: obbligazioni accessorie nelle responsabilità appaltatore

Dalla sentenza del 30 settembre u.s. emerge che l'appaltatore si assume a proprio rischio non solo l'obbligazione principale (realizzare l'opera a regola d'arte e conformemente al progetto e al contratto d'appalto) bensì anche ogni obbligazione accessoria quale quella di "adeguata custodia" che si determina con la consegna, al punto che risponde dei danni in caso di furto nel cantiere edilizio salvo che non "dimostri di avere adottato tutte le precauzioni che le circostanze suggerivano, senza che possa rilevare l’avvenuta cessazione del rapporto principale di appalto, atteso che l’obbligo di custodia è correlato alla detenzione dei beni affidati all’appaltatore e non all’attualità del rapporto di appalto, al quale esso sopravvive." - fonte: sito Cassazione

Cassazione Penale e sicurezza del lavoro

Responsabilità committente per utilizzo operai improvvisati

Fonte: Studio Cataldi - articolo di Cristina Matricardi - avvocato civilista

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 36581/2009) ha stabilito che il proprietario dello stabile che ha commissionato i lavori non a una ditta specializzata ma a un operaio, ne è responsabile, se non ha adottato tutte le misure antinfortunistiche.

Cassazione Penale, 14-01-2009 n. 1246

Sicurezza cantieri - obblighi Coordinatore per la progettazione

Dalla sentenza della S.C. (fonte:www.porreca.it) si evince che il CSP è stato condannato in seguito ad infortunio occorso in un cantiere di opera pubblica, per "la sua negligenza ed imperizia nella redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), nonché per errate scelte progettuali ed inadeguatezza del PSC medesimo in relazione alle effettive modalità di esecuzione delle opere in corso.
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Consiglio di Stato, 7-5-2009 n. 2835

Sanatoria c.d. "giurisprudenziale"

Il Consiglio di Stato, sez. VI, ritorna su un tema sempre di costante attualità e che vede diviso sia la giurisprudenza che la dottrina. ovvero la possibilità di sanare un intervento abusivo che si ritrovi, al momento della richiesta, conforme alla disciplina edilizia. I più si chiedono la ratio della demolizione di un'opera per mera "sanzione" (punitiva), allorquando la medesima, all'indomani, può essere ricostruita identicamente. Tecnojus sta preparando un approfondimento in materia.

Corte dei Conti, sezione del Veneto

Responsabilità del Direttore dei Lavori - sentenza 13-2-2009

Palazzo dei Camerlenghi torna ad affrontare il tema delle responsabilità del direttore dei lavori, dopo la "storica" sentenza 12-5-2004 n. 530 (sul caso Gallio), affrontando il carattere dell'incarico e, quindi, le responsabilità conseguenti. In preparazione documentoNews. fonte: Corte dei Conti.

 

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