Cassazione Penale, sez. III, sentenza 27 aprile 2010, n. 16393

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ristrutturazione edilizia e varianti ammesse
di romolo balasso architetto

La sentenza in evidenza è occasione di riflessione circa le varianti ammissibili ad un intervento di ristrutturazione edilizia autorizzato ai sensi dell'articolo 10 del testo unico edilizia.

In altre parole si ritiene interessante argomentare in merito alla legittimità o meno di una variante "in corso d'opera" finalizzata alla demolizione e ricostruzione dell'edificio con la stessa volumetria e sagoma autorizzate con permesso di costruire relativo ad una ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c) del testo unico edilizia.

Come evidenziato dalla sentenza la ristrutturazione edilizia è intervento "sdoppiato" nel senso che sussiste una ristrutturazione edilizia "depenalizzata", c.d. "leggera", subordinata a DIA ordinaria (art. 22, comma 1 del TUED), nella quale sono da ricomprendere anche gli interventi di integrale demolizione e successiva "ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente", e la ristrutturazione edilizia "pesante", avente rilievo penale in quanto subordinata a permesso di costruire ovvero a DIA alternativa (art. 22, comma 3, del TUED).

La ristrutturazione edilizia "pesante", come orami noto da costante giurisprudenza amministrativa e di legittimità, consente di modificare l'edificio anche sotto il profilo della volumetria e della sagoma, ma le modifiche volumetriche possono consistere unicamente in diminuzioni o trasformazioni (diversa ricomposizione dei volumi) ed in incrementi volumetrici modesti, tali però da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria, poichè, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra un intervento di "ristrutturazione edilizia" e un intervento di "nuova costruzione".

Condizioni essenziali delle modifiche assentibili all'edificio esistente in termini di volume e sagoma, al fine di qualificare di ristrutturazione edilizia e non di nuova costruzione l'intero immobile, è la prescritta conformità delle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, presumibilmente in forma "limitata"(1), della "sola parte modificata" e non dell'intero edificio.

Infatti la qualificazione dell'intervento come "ristrutturazione edilizia" (e non come "nuova costruzione") trova la sua ragion d'essere nel fatto che la ristrutturazione edilizia mantiene lo statuto urbanistico-edilizio (e civilistico) del fabbricato preesistente; come dire che l'edificio in ristrutturazione ha il diritto di conservare le preesistenti superfici, volumetrie, distanze, altezze, destinazioni d'uso ed altri parametri urbanistico-edilizi, igienico-sanitari e via elecando.

Diversamente la "nuova costruzione" si deve conformare pienamente (in toto) alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente (in termini di indici, volumi, superfici, destinazioni d'uso, distanze, altezze, ecc..).

Il legislatore, come continua a sottolineare la giurisprudenza, consente di mantenere in toto lo statuto edilizio-urbanistico preesistente soltanto quando la ristrutturazione mantiene inalterata la volumetria e la sagoma, anche in caso di integrale demolizione e ricostruzione; diversamente ammetterebbe una conformità limitata alle parti oggetto di variazioni volumetriche e di sagoma attraverso demolizioni e ricostruzioni parziali, ovvero modesti ampliamenti. La conformità, in altre parole, non riguarderebbe l'intero edificio posto che, diversamente, non sussisterebbe differenza tra intervento di ristrutturazione ed intervento di nuova costruzione.

In considerazione del fatto che il testo unico edilizia prescriva l'obbligo per la ricostruzione di rispettare la "stessa volumetria e sagoma di quello (edificio/organismo edilizio) preesistente", la volumetria e sagoma di riferimento sono quelle proprie dell'edificio preesistente non modificato quindi da un "complementare" intervento di ristrutturazione modificativo di tali elementi. Evidente che in caso contrario si avrebbe una elusione della legge.

Del resto è risaputo in materia che un intervento è legittimo nella sua valutazione unitaria, non essendo ammesse forme elusive degli interessi pubblici tutelati nell'ordinamento, risultando tali il ricorso ad intrecci procedimentali ovvero la segmentazione dei procedimenti stessi.

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(1) per "limitata" si può intendere che l'intero edificio mantiene il diritto di conservare il volume preesistente (che potrebbe risultare in eccesso rispetto a quello consentito dagli strumenti urbanistici), così come altri parametri urbanistico-edilizi riconducibili al concetto di "carico urbanistico", ma non anche altri riferibili a tutele parallele o concorrenti (quali quelle relative al regime delle distanze). In proposito sarà redatto prossimamente un approfondimento Tecnojus.

data documento:
4-05-2010
file: sentenza
fonte: