Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2 novembre 2010, n. 7731

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Permessi di costruire illegittimi se violano la distanza tra costruzioni - sul concetto di costruizione in ambito civile e in ambito edilizio-urbanistico
di romolo balasso architetto

La Giustizia Amministrativa sembra assottigliare sempre più la differenza che si riteneva sussistere tra i concetti in relazione all'ambito di riferimento: urbanistico-edilizio e civilistico.

La stessa giurisprudenza indica(va), ad esempio, che il concetto di costruzione in senso civilistico (con riferimento all'art. 873 del codice civile) appare più ampia di quella esistente in ambito edilizio-urbanistico, come più ampia risulta la nozione civilistica di pertinenza (cfr. art. 817 del codice civile) rispetto a quella edilizia-urbanistica (in ragione dei differenti profili di tutela).

Sempre la giurisprudenza insegna(va) che, sempre in merito al concetto di costruzione, compete al Giudice collegare la fattispecie concreta con quella legale, e ciò in ordine alla sussistenza di talune caratteristiche (cfr. le sentenze citate nel volume "Il regime delle distanze in edilizia", pag. 28, Maggioli Editore, giugno 2010).

Eppure, nonostante questa caratterizzazione (che, come detto, forse si può ritenere tra i motivi della differenziazione delle stesse giurisdizioni perchè differenti sono gli interessi in tutela da considerare e valutare), sembra che G.A. e G.O. (giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria - civile) si stiano avvicinando, almeno per quanto concerne i concetti (o nozioni) sottesi ad alcuni termini (o parole).

In effetti, però, a ben guardare, anche il legislatore sembra andare nella medesima direzione. A ciò valga il seguente (e non esaustivo) breve excursus termporale di ciò che potremo chiamare, per restare in tema e ai "tempi", "babele terminologica e concettuale - delle parole e del loro significato":

  • 1942:
    • marzo: l'art. 873 del codice civile, nel libro III, titolo III, relativi alla proprietà, capo II, della proprietà fondiaria, la sezione V è dedicata alla proprietà edilizia, e la sezione VI alle costruzioni, ecc.., per riferirsi alle "costruzioni su fondi finitimi";
    • agosto: l' art. 31, legge 1150/42 (legge urbanistica) fa riferimento alle "costruzioni edilizie";
  • 1967:
    • legge 765/67, art. 10 (sostituisce l'art. 31 della legge 1150/42): si parla di "costruzioni", senza riferimento esplicito alla caratterizzazione "edilizia";
  • 1968:
    • dm 1404: fa riferimento all'edificazione (il rigore letterale porta a presumere l'azione che ha per oggetto "edifici");
    • dm 1444: l'articolo 8 fa rifermento agli "edifici" (con riguardo alla loro altezza), mentre l'articolo 9 il riferimento è ai "fabbricati" e agli "edifici" oltre che alle loro "pareti", finestrate o meno.
  • 1977:
    • legge 10/77: si fa riferimento alla "trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio";
  • 1985:
    • legge 47/85: si parla di "attività urbanistico-edilizia" ovvero di "opere", di "interventi" e di "lavori";
  • 2001/2003:
    • testo unico edilizia (d.p.r. 380/01):
      • l'articolo 3 si riferisce agli "interventi edilizi", tra i quali sono definiti (con criterio residuale ed esemplificativo) gli "interventi di nuova costruzione" (in senso edilizio, sembrerebbe, vista la rubrica dell'articolo);
      • ma lo stesso articolo 3 e negli altri articoli si fa riferimento ad altre terminologie quali "opere", "manufatti", "impianti tecnologici", "edifici", "organismo edilizio", "trasformazione edilizia e urbanistica", "strutture", "infrastrutture", "interventi pertinenziali", "depositi" ..... (non c'è il termine fabbricato/i)

L'avvocato Zen ed io abbiamo messo in evidenza, nel volume sopra citato edito da Maggioli, le espressioni TAR e Consiglio di Stato che, a nostro avviso, vanno in quel senso (integrazione o unificazione concettuale ?), non ultima l'ordinanza del Consiglio di Stato del 27 gennaio 2010, n. 424.

Forse ora si deve aggiungerne una ulteriore: lo scorso 2 novembre 2010 il Consiglio di Stato è ritornato a decidere su ricorsi relativi a permessi di costruire rilasciati in violazione al regime delle distanze, decisione che, a mio avviso, rappresenta quel ricordato avvicinamento concettuale tra disciplina civilistica e disciplina urbanistica ed edilizia.

Queste, a mio avviso, le argomentazioni significative:

  • E’ fondato il motivo proposto con l’appello n. 6548 del 2008, con il quale si lamenta la violazione delle distanze, rispetto al muro di contenimento di proprietà T....

  • Come invece deduce la appellante, il limite imposto dal Regolamento urbanistico del Comune di Parma impone il rispetto della distanza di “10 metri dalle costruzioni esterne al lotto”.

  • Decisiva è la considerazione che il muro concreta gli estremi per essere ritenuto una costruzione, ai fini delle distanze, sia per dimensioni che per la funzione espletata.

  • Il limite di 10 metri, prima ancora che dalle pareti finestrate della abitazione della appellante, deve essere computato dal parallelo muro di cemento, avente la funzione di contenimento del terrapieno.

  • Anche le relazioni tecniche prodotte in atti, alle quali fa riferimento parte appellante (v. la relazione tecnica dell’ing. C... del 14 novembre 2003 e quella dell’ing. U.... del 6.3.2007) ribadiscono la natura di costruzione al muro suddetto.

  • In ordine al principio di diritto, costituisce orientamento consolidato che, ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno ed il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine (così, Consiglio Stato, Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579; Consiglio Stato, Sez. V, 28 giugno 2000, n.3637).

  • Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno ed il muro di contenimento, che hanno prodotto un dislivello oppure hanno aumentato quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni (Cons. Stato, Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579).

  • In genere, viene considerata una costruzione, rilevante ai fini delle distanze legali, anche un terrapieno, se creato artificialmente al di sopra del livello medio del piano di campagna originario (così Cassazione civile, Sez. II, 11 novembre 2003, n.1695; Consiglio Stato, Sez. V, 26 giugno 2000, n.3637; anche Cassazione Sez. II, 15 giugno 2001, n. 8144, secondo cui, ai fini della applicazione delle distanze legali, il muro di sostegno costituisce costruzione).

  • Il muro in questione costituisce quindi una vera e propria costruzione da cui computare la distanza prevista dall’art. 38 del regolamento urbanistico edilizio di Parma.

  • In accoglimento dell’appello, va quindi accolto il motivo con il quale si lamenta la illegittimità dei permessi di costruire per violazione dell’art. 38 del RUE di Parma, per avere il titolo edilizio consentito una costruzione a meno di dieci metri dal muro del terrapieno di proprietà della signora F.....

  • E’ da ritenere fondato anche tale ulteriore motivo dell’appello n. 6548 del 2008 (pagine 22 e seguenti), con il quale si lamenta la violazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 e in ogni caso la violazione del limite delle distanze, perché l’assentimento sarebbe inferiore ai previsti metri dieci, calcolandolo dalle pareti finestrate di entrambi gli edifici.

  • Come deduce parte appellante, i numerosi balconi in muratura che reciprocamente sono inseriti nelle costruzioni riducono la distanza assoluta di metri 10 (prevista dal DM su richiamato) a circa sette metri, come emerge dalla verificazione effettuata in primo grado.

  • Il motivo è fondato, sia perché la disciplina imperativa delle distanze di cui all’art. 9 prevale, sia perché tra gli interventi diretti che consentirebbero la deroga non è contemplato il titolo abilitativo diretto, ma solo la pianificazione attuativa.

  • Sul primo punto, l'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che detta disposizioni in tema di distanze tra le costruzioni, stante la natura di norma primaria, sostituisce eventuali disposizioni contrarie contenute nelle norme tecniche di attuazione (Consiglio Stato , sez. IV, 05 dicembre 2005 , n. 6909).

  • Le distanze legali previste dagli standards urbanistici sono immediatamente applicabili ai rapporti privati, ove gli strumenti urbanistici prevedono distanze minori.

  • L'art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, laddove prescrive la distanza di dieci metri tra le pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile.

  • Pertanto, le distanze tra le costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi (Consiglio Stato , sez. IV, 05 dicembre 2005 , n. 6909).

  • In materia di distanze legali, l’art. 136 d.P.R. n. 380 del 2001 ha mantenuto in vigore l’art. 47 quinquies, commi 6, 8, 9, della legge nazionale n. 1150 del 1942, per cui in forza dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 la distanza minima inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e di edifici antistanti è quella che tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, ed il giudice è tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente inserita nel prg al posto della norma illegittima (Cassazione civile, Sez. II, 29 maggio 2006, n.12741).

  • ... si richiamano i precedenti secondo cui la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (così, Consiglio Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909).

  • Ai fini del computo delle distanze assumono rilievo tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione, salvo che non si tratti di sporti e di aggetti di modeste dimensioni con funzione meramente decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di entità trascurabile rispetto all’interesse tutelato dalla norma riguardata nel suo triplice aspetto della sicurezza, della salubrità e dell’igiene (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n.268).

  • gli sporti, cioè le sporgenze da non computare ai fini delle distanze perché non attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare, sono i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti con funzione decorativa, gli elementi in oggetto di ridotte dimensioni, le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le sporgenze, anche dei generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che siano quindi destinate anche ad estendere ed ampliare per l'intero fronte dell'edificio la parte utilizzabile per l'uso abitativo (Consiglio Stato , Sez. IV, 5 dicembre 2005 , n. 6909).
data documento:
11-11-2010
file: sentenza CdS
fonte:
Consiglio di Stato