Cass. Pen., sez. III, sentenza 6 luglio 2010, n. 25631

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piscina: obbligo di permesso di costruire - può essere pertinenza?
di romolo balasso architetto

Con la sentenza in evidenza (Collegio presieduto dal dott. Lupo, rel./est. dott. Gazzara) i Giudici Penali confermano l'orientamento secondo il quale "la realizzazione della piscina necessita di permesso di costruire e ciò perché costituiscono lavori edilizi che richiedono il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati, che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso della realizzazione di una piscina (Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia), senza discrimine sulla entità del manufatto realizzato."

Indirizzo mantenuto anche in Cass. Pen., sez. III, sentenza 20 marzo 2009 n. 12478 (Collegio presieduto dal dott. De Maio, rel./est. dott. Gazzara).

Quanto premesso induce una domanda: la piscina può essere una pertinenza subordinata a DIA?

La domanda sembra ragionevole visto che non tutte le opere comportanti trasformazione edilizia e urbanistica del territorio si qualificano come "nuova costruzione", come nel caso delle pertinenze.

La lettera e.6 dell'art. 3 del testo unico edilizia, come noto, ricomprende nella nozione di "nuova costruzione" anche "gli iterventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale".

Discende che, in assenza di specifiche previsioni degli strumenti urbanistici, gli interventi pertinenziali comportanti la realizzazione di un volume inferiore o pari al 20% del volume dell'edificio principale non si qualificano come "nuove costruzioni" e pertanto non sono subordinate al regime del permesso di costruire, bensì a quello depenalizzato della DIA.

Sulla nozione (giuridica) di pertinenza esiste ampia (e pressochè univoca) giurisprudenza, sia penale che amministrativa, che portano a ritenere la pertinenza urbanistico/edilizia un intervento diverso, e più restrittivo, di quello previsto dall'art. 817 del Codice Civile.

Infatti, risulta che:

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, la nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo (non superiore, in ogni caso, al 20% di quello dell'edificio principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale), sicché non potrebbe ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di una piscina privata che, per le sue caratteristiche oggettive, fosse suscettibile di utilizzazione (anche economica) autonoma.
Il manufatto pertinenziale, inoltre:
- deve accedere ad un edificio preesistente edificato legittimamente;
- deve necessariamente presentare la caratteristica della ridotta dimensione anche in assoluto, a prescindere dal rapporto con l'edificio principale;
- non deve essere in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti e con quelli eventualmente soltanto adottati.

Appare ragionevole ritenere che:

  • la pertinenza urbanistica/edilizia possa essere sia un'opera apprezzabile volumetricamente che di sola superficie;
  • che il volume della pertinenza possa essere inteso sia in senso urbanistico (quindi di tipo convenzionale, e pertanto, un volume fuori terra) che in senso edilizio/geometrico (quindi anche di tipo interrato).

La Suprema Corte di Cassazione (pres. De Maio, rel. Fiale), con sentenza della III Sezione Penale n. 37257 del 1 ottobre 2008, asserisce che "Alla stregua dei principi enunciati dianzi (sulle pertinenze - ndr), può affermarsi, conseguentemente, che una piscina posta al servizio esclusivo di una residenza privata legittimamente edificata non è di per sè estranea al concetto di "pertinenza urbanistica" (vedi, sul punto, C. Stato, Sez. 4, 14.8.2006, n. 4780, con riferimento alla nozione di cui all'art. 817 c.c.: decisione che non tiene conto, però, della consolidata giurisprudenza dello stesso Consiglio quanto al rapporto della c.d. "pertinenza urbanistica" con la più ampia nozione civilistica (Sez. 5, 18.4.2001, n. 2325 e 30.10.2000, n. 5828; Sez. 6, 8.3.2000, n. 1174), ma può diventarlo quando abbia dimensioni non trascurabili o si ponga in contrasto con le prescrizioni di zona della pianificazione ovvero, per le sue caratteristiche, potrebbe comunque avere una destinazione autonoma (vedi, al riguardo, Cass., Sez. 3: 2.12.2004, n. 46758, Proietti; 29.11.2000, n. 12288, Cimaglia)"

Su tale enunciato si potrebbe concludere dicendo che la piscina privata, posta al servizio di un edificio princiapale, può costituirne pertinenza subordinata a DIA qualora abbia dimensioni trascurabili, potendosi ritenere tali qualora il volume interrato dell'opera sia contenuto nel limite del 20% dell'edificio cui inerisce.

data documento:
20-07-2010
file: sentenza
fonte sentenza: