tecnici e giuristi insieme: approfondimenti tecnico-giuridici sistematici

Edilizia - Giurisprudenza

Cass. Pen., sez. III, 25.02.2011

Nozione di "volume tecnico" privo di rilevanza penale: criterio di proporzionalità

Un manufatto di 54 mc, con 21 mq di superficie coperta, alto m. 2,60, contenente una cisterna interrata e le diramazioni della rete di riscaldamento verso un immobile residenziale non è volume tecnico.

I Giudici Penali osservano:

  • il volume tecnico non è attività edilizia libera che può essere eseguita senza alcun titolo abilitativo edilizio, tanto che, generalmente, fatta salva diversa disciplina regionale, il volume tecnico è soltanto escluso dal computo della volumetria assentibile in quanto non sono generatori del c.d. "carico urbanistico", ciò in quanto la loro realizzazione è finalizzata a migliorare la funzionalità e la salubrità delle costruzioni;
  • ...



TAR Veneto, sez. II, 7.03.2011

Impianti pertinenziali di attività - casi di esclusione

Sostiene parte ricorrente, con il primo ed unico motivo di gravame, che le opere oggetto del provvedimento impugnato possiedono tutte le caratteristiche per essere qualificate, sotto il profilo urbanistico-edilizio, come pertinenze dell’opificio e comunque come impianti tecnologici a servizio dello stabilimento nel quale viene esercitata l’attività di produzione e commercializzazione di pavimenti a parquet e che tale impianto non ha, inoltre, alcuna autonomia funzionale essendo posto al servizio della fabbrica per l’esecuzione di alcune importante fasi della lavorazione del legno.

Ne consegue che la realizzazione delle opere sanzionate avrebbe richiesto tuttalpiù, e quindi senza escludere del tutto la necessità di qualsivoglia titolo, una mera autorizzazione gratuita e non la concessione edilizia, tale per cui il manufatto pretesamene abusivo avrebbe dovuto essere sanzionato con la pena pecuniaria e non, ex art. 92 l.r. 61/1985, con la demolizione.



Cass.Pen., sez. 3, 23.02.2011

Cambio d'uso sottotetto - da volume tecnico a mansarda: possibile lottizzazione abusiva

Il Giudice Penale ha ritenuto sussitente il reato di lottizzazione abusiva (materiale) per il cambio d'uso di 16 sottotetti ad uso volume tecnico (non computabile nel volume urbanistico) in mansarde residenziali, in coerenza con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 15.02.2007, n. 6397), che ha ricondotto al concetto giuridico della lottizzazione abusiva anche la esecuzione dei lavori che determinano un mero mutamento della destinazione d'uso di edifici, già esistenti da cui derivi la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione.



TAR Lombardia, Milano, sez. 2, 28.02.2011

Il progettista non ha legittimazione attiva ad impugnare

Sia il TAR della Lombardia, Milano, che il TAR Puglia, Lecce (sez. 3, 2.2.2011), riaffermano l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il progettista non ha legittimazione attiva ad impugnare un diniego di permesso di costruire.



Consiglio di Stato, sez. 5, 28.02.2011

Illegittimo ritardo della P.A. nel rilasciare il titolo abilitativo edilizio (in variante): risarcisce i danni concretamente provati

La sentenza affronta l'annosa questione del risarcimento dei danni da ritardo colposo della P.A. tracciando gli elementi fondamentali.

Questi gli aspetti di rilievo...



TAR Veneto, sez. II, 23.02.2011

Discrezionalità dei provvedimenti in autotutela della P.A. - silenzio serbato sulla segnalazione privata di presunte illegittimità: non è inadempimento

La sentenza asserisce:

9.2. Orbene, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza condiviso dal Collegio, l'Amministrazione non ha l'obbligo di rivedere in autotutela le proprie determinazioni in quanto non sussiste alcun dovere di pronunciarsi su un' istanza volta ad ottenere un siffatto provvedimento, nè può farsi ricorso alla procedura del silenzio inadempimento allo scopo di provocare una determinazione in autotutela dell'Amministrazione, onde evitare che venga aggirata la regola della necessaria impugnazione dell'atto amministrativo nel termine di decadenza (cfr. TAR Lazio, Roma, III, 1.12.2010, n. 34865; Cons. Stato,V, 1.3.2010, n. 1156).

9.3. A ciò si aggiunga che i provvedimenti di autotutela sono, come già sopra evidenziato, manifestazione dell'esercizio di un potere tipicamente discrezionale della P.A. che si esercita d'ufficio e non su richiesta di parte, con la conseguenza che sulle eventuali istanze, aventi valore di mera sollecitazione, non c'è alcun obbligo giuridico di provvedere (cfr. Cons. St, VI, 31.3.2009, n. 1880; TAR Lazio, Roma, II, 4.2.2011, n. 1073). Ne discende, quindi, che non costituisce inadempimento la mancata risposta ad un’istanza volta a sollecitare da parte della P.A. l’attivazione del potere di autotutela, quale senza dubbio va considerata quella della società ricorrente per far valere l’illegittimità di titoli edilizi e di certificati sanitari rilasciati da oltre dieci anni, e peraltro a soli fini emulativi posto che da quanto si evince dagli atti di causa l’azione è stata proposta in quanto pende tra le parti un giudizio civile di emissioni rumorose promosso dalla proprietà dell’albergo contro l’odierna ricorrente e che si presume, in assenza di qualsiasi specificazione dell’interesse proprio, meramente finalizzato a danneggiare il controinteressato..

9.4. Per tali ragioni il ricorso diretto a far constare l’illegittimità del silenzio serbato dalla P.A. sulla segnalazione di illegittimità dei titoli edilizi rilasciati al controinteressato deve essere dichiarato (in parte qua) inammissibile.



TAR Veneto, sez. II, 15.02.2011

Varianti essenziali (art. 32 testo unico edilizia) - variazioni della sagoma - è tale la rotazione di 90° e la traslazione di qualche metro verso nord

La sentenza asserisce:

6. Invero, ex art. 32 cit., I comma, lett. c), costituiscono variazioni essenziali le “modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza”: tra tali parametri, argomentando dal citato art. 22, vi è la sagoma dell'edificio.

7. Orbene, questa non è tale in assoluto, ma in relazione ad uno specifico punto di riferimento, e tali sono, per i progetti edilizi, i punti cardinali.

Così, una rotazione di novanta gradi, salvo che per un fabbricato il quale abbia la simmetria di un solido regolare – e ciò non è nel caso – determina, rispetto ai punti di riferimento prestabiliti, una variazione di sagoma.

8. In specie, per vero, una siffatta variazione sostanziale della sagoma non è revocabile in dubbio: dopo la rotazione (e l’ulteriore traslazione), come si legge nel controricorso, “il prospetto principale dell’edificio, quello con le logge al primo piano e le grandi porte-finestre al piano terra, nel progetto originario era affacciato sulla viabilità principale; ora, invece, si strada Ca’ Zenobio affaccia uno dei due prospetti secondari, quello con l’apertura del garage”.

9. La variazione de qua non poteva dunque essere realizzata mediante denuncia d’inizio attività in corso d’opera, ex art. 22, II comma, d.P.R. 380/01, ma richiedeva un permesso in sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/01: sicché l’istanza a suo tempo presentata dall’odierna ricorrente è stata correttamente dal Comune di Treviso in tal senso intesa, peraltro in conformità al suo contenuto testuale.

10. In conclusione, il Comune ha legittimamente qualificato la variante de qua come essenziale, ed ha irrogato la relativa sanzione, sul cui importo non v’è peraltro contestazione.



TAR Veneto, sez. II, 01.02.2011

Natura pertinenziale o meno di un porticato adossato al fabbricato, costituito da telaio in profilato di ferro "imbullonato"

La sentenza asserisce:

la qualificazione del porticato in termini di pertinenza non può essere condivisa. Il porticato de quo, addossato alle pareti del fabbricato autorizzato, è costituito, come si legge nel provvedimento gravato, “da un telaio in profilato di ferro fissato al pavimento in calcestruzzo mediante viti e bulloni, con tetto ad una falda inclinata in lamierato di ferro e parete ad est in lamierato plastico trasparente” ed è utilizzato per proteggere un macchinario ed un impianto di lavorazione ed imballaggio, funzionale allo svolgimento dell’attività d’impresa.

- che, come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, il concetto civilistico di pertinenza è più ampio di quello applicato nella materia urbanistica nel senso che beni, che in diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano l'attività edilizia, ogniqualvolta assumono autonomia rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento a permesso di costruire (cfr., ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 28 gennaio 2010 , n. 335)

- che, dunque, in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere prive di autonoma destinazione e che esauriscono la loro destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico;

- che, nella fattispecie in esame, il rapporto di funzionalità è da ravvisare non già con l’edificio principale bensì con l’attività imprenditoriale, trattandosi di struttura destinata a contenere e proteggere il macchinario suddetto; il porticato, infatti, non è posto ad ornamento e protezione del fabbricato principale, presentando una propria autonomia e, dunque, rilevando sotto il profilo edilizio ed urbanistico;

- che sia in relazione al telaio – che si sostanzia in una struttura priva di copertura in profilato di ferro posto lungo il confine della proprietà priva di copertura –sia in relazione al deposito a cielo aperto di materiali, risulta dirimente la considerazione che tali interventi – destinati a far fronte ad esigenze continuative connesse all’attività d’impresa – determinano una trasformazione permanente del territorio;



TAR Veneto, sez. II, 23.02.2011

Canne fumarie: quale titolo abilitativo?

La sentenza asserisce:

Si evidenzia, inoltre, che, come affermato dalla costante giurisprudenza anche di questa sezione, solo per strutture di piccole dimensioni (quale certamente non è quella della ricorrente), si ritiene sufficiente l'autorizzazione (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 03 giugno 2009 , n. 3039; Tar Lazio- Roma, sez. II ter, 18 maggio 2001, n. 4246) mentre per le canne fumarie di palese evidenza rispetto alla costruzione e alla sua sagoma è necessaria la concessione edilizia (oggi permesso di costruire).



TAR Veneto, sez. II, 23.02.2011

Ampliamento 800 mc in zona agricola dopo l.r. 30/2010 - natura del DM 1444/68 - distanze

La sentenza evidenzia:

l’art. 5 della l.r. 23 dicembre 2010, n. 30, nel dettare disposizioni d’interpretazione autentica, e dunque con effetto retroattivo, ha previsto che «al comma 5 dell’art. 44 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 , le parole: “Sono sempre consentiti” sono da intendere nel senso che gli interventi cui si fa riferimento sono ammissibili anche in assenza dei requisiti soggettivi e del piano aziendale di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 44, ferme restando le disposizioni più restrittive previste negli strumenti urbanistici, purché le stesse non limitino gli interventi con riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 44

L’ultimo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/68, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto: l’ intervento autorizzato comporterebbe, infatti, la violazione della disciplina delle distanze tra pareti finestrate rispetto ad un fabbricato, distante sette metri, preesistente e parzialmente prospiciente.

3.2. Orbene, il citato art. 9 dispone che per i “nuovi edifici”, ricadenti in zone diverse dalla A –come nel caso – “è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.

Si tratta, non v’è dubbio, di una norma assolutamente inderogabile, sicché le previsioni urbanistiche locali, con essa contrastanti, devono essere disapplicate dal giudice, tenuto ad applicare direttamente quelle di cui all’art. 9: e ciò perché la ratio di questa prescrizione non è tanto la tutela di interessi di carattere privatistico come la riservatezza, bensì la salvaguardia d’imprescindibili esigenze di natura pubblicistica quali la sicurezza e la salubrità dei luoghi (cfr., exmultis Cass. 7 gennaio 2010, n. 56; id. 3 marzo 2008, n. 5741, C.d.S., IV, 12 marzo 2009, n. 1491).

3.3.1. Ciò posto, è tuttavia da ritenere che, nella fattispecie, non tale disposizione sia rilevante, ma vi si applichino soltanto le norme civilistiche sulle distanze, la cui osservanza non è qui in questione.

3.3.2. L’art. 9, infatti, trova applicazione ai “nuovi edifici”, mentre, nel caso in esame, si è ristrutturato un edificio preesistente, conservandone dimensioni e sagoma.

3.3.3. E se è bensì vero che la forometria è stata modificata, bisogna osservare che lo stesso edificio già prima dell’intervento presentava, sul lato fronteggiante la costruzione più vicina – posta in effetti a meno di 10 metri - una serie di aperture, alcune vere e proprie finestre, altre semplici luci: tali tuttavia, nel complesso, da poter escludere che la ristrutturazione operata abbia condotto, almeno sotto questo specifico profilo, ad un nuovo edificio.



TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 16.02.2011

Autorimesse interrate in deroga (art. 9 legge 122/89) - solo se pertinenziali - no ad autonome destinazioni e/o utilizzazioni

La sentenza in commento nasce dal fatto che un Comune, nel rilasciare l'autorizzazione gratuita per la realizzazione di un'autorimessa interrata ai sensi dell'art. 9 l. 122/89, ha prescritto al ricorrente di utilizzare la medesima solo come parcheggio funzionale alle esigenze della connessa abitazione non consentendogli di utilizzarla quale autorimessa autonomamente adibita a deposito di mezzi di trasporto a noleggio o per qualsiasi altro uso diverso da quello sopra rilevato come consentito. Per i ricorrenti la suddetta limitazione funzionale non sarebbe prevista dalla citata norma, per il Tar, invece:

Al riguardo basta osservare come anche recente giurisprudenza del C.d.S. (v. ex multis, C.d.S. Sez. IV n. 7549 del 18.10.2010) annoti che i parcheggi, di cui è causa in ipotesi, sono da considerarsi consentibili in quanto siano effettive pertinenze esclusive per le necessità abitative (cioè per l’edificio principale) e perciò solo ad esclusivo uso accessorio al medesimo che deve essere adibito, appunto, ad abitazione. Sicchè, dal modo diverso predicato dal ricorrente, scaturirebbe un’autonoma destinazione ed utilizzazione della detta autorimessa, concessa in modo gratuito proprio per gli esclusivi fini di cui sopra, con altrimenti obliterazione del detto rapporto pertinenziale.



TAR Lombardia, Milano, sez. 4, 04.02.2011

Contributo di costruzione - natura giuridica e prescrizione della sua esigibilità

Con il ricorso è stata esaminata la doglianza con cui parte ricorrente sostiene che la pretesa dell’Amministrazione si sarebbe prescritta, atteso che sarebbe trascorso il termine decennale per richiedere il pagamento degli oneri concessori dovuti. Per il TAR:

Appare opportuno precisare che in materia di oneri di urbanizzazione la determinazione del contributo e del costo di costruzione delle opere “ha natura paritetica, giacché si tratta di un mero accertamento dell’obbligazione contributiva, effettuato dalla p.a. in base a rigidi parametri prefissati dalla legge e dai regolamenti in tema di criteri impositivi, nei cui riguardi essa è sfornita di potestà autoritative. Le relative controversie sono infatti devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo proprio in quanto concernenti i diritti soggettivi delle parti di detta obbligazione” (Consiglio di Stato, V, 13 ottobre 2010, n. 7466).

Trattandosi di diritti soggettivi, deve farsi riferimento, per la loro esigibilità, al termine di prescrizione ordinario decennale (Consiglio di Stato, V, 13 giugno 2003, n. 3332).

Tale termine comincia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, ossia dal momento in cui l’Amministrazione rilascia l’atto ampliativo della sfera giuridica del privato, quale ad esempio il permesso di costruire oppure, come nel caso di specie, l’autorizzazione al mutamento della destinazione d’uso (cfr., Consiglio di Stato, V, 13 giugno 2003, n. 3332; T.A.R. Campania, Salerno, II, 4 aprile 2008, n. 474).



TAR Liguria, sez. 1, 01.02.2011

Natura e funzione delle fasce (vincolo) di rispetto stradale

Ancora una conferma sulla natura e funzione delle fasce di rispetto stradale

Il collegio osserva che la giurisprudenza che va condivisa ritiene comunemente che i vincoli di rispetto della strada hanno natura conformativa, e discendono dall’esigenza avvertita dal legislatore di tutelare la sicurezza del traffico e la possibilità del futuro ampliamento del nastro stradale; essi sono per ciò inderogabili e comportano l’inedificabilità assoluta del sedime, anche se ubicato in area privata (tar Campania, Napoli, II, 9.6.2008, n. 5541; cons. Stato, V, 28.6.2006, n. 4227; tar Valle d’Aosta 8.7.2009, n. 62).



TAR Lombardia, Milano, sez. 4, 31.01.2011

Recinzione di edificio in costruzione ed entrata in vigore di nuove norme comunali

La sentenza sembra riguardare un fatto singolare: gli interessati si sono visti inibire la DIA per realizzare la recinzione e un parcheggio, presentata un anno e mezzo dopo aver ottenuto il titolo abilitativo per costruire un capannone (La società ricorrente, dopo aver ottenuto in data 3 marzo 1998 la concessione edilizia per la costruzione di un capannone industriale, presentava in data 6 ottobre 1999 una D.I.A. per recintare l’area di sua proprietà e realizzare un parcheggio esterno), perché in contrasto con le prescrizioni di piano vigenti ed adottate e con il regolamento edilizio del comune. Per il TAR:

Per il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, la disciplina urbanistica applicabile alle domande di concessione edilizia è quella vigente al momento del rilascio del titolo abilitativo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4848).

Nella fattispecie in questione, il comune ha invocato l’applicazione dell’art. 40 delle NTA del PRG adottato, atteso che il progetto contrasterebbe con tale norma, che sancisce l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione di ricavare parcheggi esterni mediante l’arretramento delle recinzioni lungo le strade.

Come precisato dalla ricorrente nel primo motivo di diritto e confermato dall’orientamento giurisprudenziale succitato, nonché in omaggio al principio generale di inapplicabilità retroattiva della legge, tale normativa è inapplicabile, in quanto non esisteva all’epoca del rilascio della concessione edilizia del capannone, già costruito, della cui recinzione si discute.

Riguardo, poi, all’assunto contrasto della recinzione con la destinazione a strada dell’area sulla quale la stessa dovrebbe sorgere, è sufficiente far richiamo a quell’orientamento giurisprudenziale per il quale il diritto del proprietario di chiudere il proprio fondo non può essere impedito dall'esistenza di una previsione vincolistica interessante l'area in questione, atteso che il legittimo esercizio dello ius escludendi alios non contrasta, di per sé, con detta previsione, non avendo per fine quello di imprimere all'area una destinazione diversa da quella prevista dalle norme urbanistiche (TAR Puglia, sez. III, 22 febbraio 2006, n. 572; TAR Lombardia, sez. II, 11 febbraio 2005, n. 367).



TAR Liguria, sez. 1, 28.01.2011

Accertamento di conformità e sospensione dei procedimenti sanzionatori "amministrativi" (es. ordine di demolizione)

Con la sentenza in commento, il TAR Liguria torna ad esprimersi in merito agli effetti e alle conseguenze di una richiesta di accertamento di conformità (ripresentata dagli interessati in modo identico di una precedente) sul procedimento sanzionatorio avviato dal Comune. In proposito si evidenzia:

In realtà, dal punto di vista della validità giuridica, il procedimento sanzionatorio delle violazioni edilizie e quello, soltanto eventuale e comunque successivo, per l’accertamento di conformità paiono autonomi, nel senso che la pendenza del secondo ha il solo effetto di rendere inefficace (ma non invalido) il primo.

Più precisamente, “la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, determina un arresto dell’efficacia della misura ripristinatoria, nel senso che questa è soltanto sospesa, determinandosi uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania, II Sezione, 4 febbraio 2005, n.816 e 13 luglio 2004, n.10128). Ne consegue che, in caso di accoglimento della domanda di sanatoria, l’ordine di demolizione viene inevitabilmente meno per il venir meno del suo presupposto, vale a dire del carattere abusivo dell’opera realizzata, in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda. In caso di rigetto, invece, il provvedimento sanzionatorio a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia – che non era definitivamente cessata ma solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale – con la sola specificazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso” (così T.A.R. Campania-Napoli, II, 2.3.2010, n. 1259).

Tali conclusioni appaiono vieppiù condivisibili nel caso di specie, in cui la nuova domanda di accertamento di conformità costituisce la pedissequa riproduzione di una istanza già respinta dal comune (cfr. il provvedimento 16.9.2008, n. 5878, doc. 7 delle produzioni 28.1.2009 di parte ricorrente), in difetto di una sopravvenuta, nuova disciplina urbanistico-edilizia (ciò che – soltanto - giustificherebbe una nuova istruttoria volta ad accertare la conformità delle opere rispetto ai nuovi parametri urbanistico-edilizi).

Diversamente opinando, e cioè ritenendo che la semplice riproposizione di una seconda, terza od ennesima istanza di accertamento di conformità, pur in difetto di una sopravvenuta, nuova disciplina urbanistico-edilizia, determini per ciò solo la perdita “definitiva” di efficacia della sanzione demolitoria già irrogata, il principio si porrebbe in aperto contrasto con il canone di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., giacché il potere comunale di vigilanza edilizia (e, aggiungasi, l’effettività della tutela giurisdizionale dell’amministrazione resistente) resterebbe alla mercé dell’autore dell’abuso, sol che questi avesse l’accortezza di presentare, successivamente ad ogni provvedimento sanzionatorio, una nuova istanza di accertamento di conformità purchessia, anche soltanto a fini dilatori.



Consiglio di Stato, sez. IV, 16.02.2011

Natura "giuridica" della monetizzazione delle aree standard

La sentenza in commento argomenta la diversa natura giuridica della monetizzazione delle aree a standard, in luogo della loro realizzazione/cessione, ed il contributo di "concessione". Sul punto si ritiene evidenziare:

Ora, quanto al primo dei suddetti punti, se da un lato è pressoché irrilevante, ai fini in esame, la qualificazione della monetizzazione come imposizione di tipo tributario o come corrispettivo di diritto pubblico, dall’altro lato assume, invece, significativo rilievo la considerazione che la prestazione patrimoniale richiesta non vive in alcun modo della natura e delle finalità proprie del contributo concessorio costituito dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione che accompagna naturaliter l’autorizzazione a costruire, la cui debenza o meno, quanto al relativo accertamento, può essere fatta valere, in linea generale, nei termini prescrizionali.

Invero, mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l’area interessata alla imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all’interno della specifica zona di intervento; e ciò vale ad evidenziare la diversità ontologica della monetizzazione rispetto al contributo di concessione, di talché, sotto il versante processuale, non si può utilizzare lo strumento dell’azione di accertamento ammesso per contestare la legittimità del contributo ex art.3 o comunque la insussistenza di tale obbligazione pecuniaria ancorché già assolta.



TAR Veneto, sez. II, 15.02.2011

Su cambio d'uso senza opere edilizie

La sentenza conferma un orientamento "consolidato", con l'avvertenza che oggi l'autorizzazione edilizia dovrà interndersi sostituita, generalmente, dalla DIA/SCIA:

secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato e condiviso dal Collegio, che il mutamento di destinazione d' uso degli immobili non accompagnato da lavori edili, purché compatibile con la destinazione di zona (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 29/05/2006, n. 3218), costituisce espressione dello ius utendi e non dello ius aedificandi ed è pertanto escluso dall'ambito delle attività soggette a concessione edilizia.

... Per quanto concerne segnatamente il mutamento di destinazione d’uso, il Collegio ben conosce le pronunce della Corte Costituzionale con le quali il giudice delle leggi ha affermato che la modifica funzionale della destinazione di un immobile, non connessa alla contestuale esecuzione di interventi edilizi, può essere assoggettata soltanto al regime della autorizzazione edilizia (e mai della concessione) (cfr. per tutte Corte Costituzionale n. 73 dell'11.2.1991). Tali pronunce, però, non possono trovare applicazione al caso di specie giacché lo stesso ricorrente unifica nel medesimo modello il cambio di destinazione d’uso con le modifiche prospettiche che non solo implicano necessariamente delle opere in quanto incidono sulla forometria esterna del fabbricato, ma per di più appaiono strutturalmente finalizzate proprio alla diversa utilizzazione dell’immobile medesimo come albergo e non più come abitazione.



TAR Veneto, sez. II, 15.02.2011

Titoli abilitativi edilizi e il principio "tempus regit actum"

La sentenza rende esplicito un principio generale e di valenza nazionale:

... nel diritto amministrativo, vige il principio, “conosciuto come tempus regit actum, in virtù del quale l’atto amministrativo è disciplinato dalla legge vigente al momento della sua adozione (nei limiti in cui non vi siano deroghe espresse), con conseguenza che, a prescindere dalla normativa vigente al momento della proposizione della richiesta, il provvedimento dovrà seguire l’eventuale disciplina di legge presente al momento della sua adozione”.



TAR Veneto, sez. II, 15.02.2011

Ampliamento in zona agricola ex art. 4 l.r. 24/85 (800 mc)

La sentenza in evidenza, ancorchè riferita alla non più vigente l.r. 24/85, sembra contenere un indirizzo interpretativo "trasferibile" all'ampliamento oggi previsto dall'art. 44, co. 5, della l.r. 11/04, anche perchè pare in sintonia con le circolari regionali.

Il Collegio non ritiene di poter condividere la prospettazione di parte ricorrente.

5. Secondo il consolidato orientamento di questo Tribunale, confermato anche dal Consiglio di Stato, l'art. 4 della L.R. n. 24/1985, nel consentire, anche a soggetti che non sono imprenditori agricoli, l' ampliamento fino a mc 800 delle "costruzioni esistenti nelle zone agricole", stabilmente occupate a titolo di residenza da almeno sette anni, non condiziona detto ampliamento all'incremento volumetrico dell'unità abitativa preesistente (o delle unità abitative preesistenti), ma, lasciando piena libertà all'occupante di cosa realizzare con la nuova volumetria, si preoccupa soltanto di far sì che l' ampliamento non comporti la creazione di un'unità immobiliare strutturalmente autonoma (cfr. TAR Veneto, II, 7.5.2007, n. 1422; Cons. Stato, IV, 18.3.2008, n.1165).

... nel caso di specie non è possibile invocare la normativa di cui all'art. 4, trattandosi all'evidenza di consentire una duplicazione dell’ampliamento di 800 mc assentibile in base alla detta norma in relazione a un unico edificio originario, nel tempo frazionato in due unità abitative, con conseguente aumento esponenziale dell’edificabilità nelle zone agricole che si pone in palese contrasto rispetto alle finalità di salvaguardia delle dette zone e della connessa attività rurale che la L.R. n.24/1985 persegue.



TAR Veneto, sez. II, 15.02.2011

Piano casa Veneto l.r. 14/09 - ampliamenti in deroga e destinazione compatibile (art. 9, comma 2)

Con la sentenza in evidenza il TAR del Veneto si è espresso sul precetto della legge regionale secondo il quale "gli ampliamenti sono consentiti esclusivamente su aree che abbiano una destinazione compatibile con la destinazione d’uso dell’edificio da ampliare".

Per la seconda Sezione con tale disposizione "il legislatore regionale ha cioè semplicemente stabilito che le costruzioni esistenti in zona impropria – come per la proprietà ... - non possono beneficiare ex lege di ampliamenti."



Consiglio di Stato, sez. IV, 02.02.2011

Previsioni strumenti attuativi e previsioni di p.r.g.: differenze

In linea generale le previsioni degli strumenti attuativi, non solo specificano in dettaglio le modifiche del territorio consentite dai Piani di lottizzazione ma -- una volta che siano realizzati gli interventi -- determinano l'assetto definitivo della parte del territorio. Pertanto - a differenza da quelle del p.r.g. -- esse hanno carattere di tendenziale stabilità e rilevano a tempo indeterminato, proprio al fine di regolare, in via definitiva e con efficacia "erga omnes", l'assetto urbanistico ed edilizio della porzione di territorio comunale interessata dall'intervento (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 30 aprile 2009, n. 2768).



Consiglio di Stato, sez. IV, 02.02.2011

Permesso di costruire - verifiche della titolarità - obblighi del Comune - accesso al lotto esclusivo da area condominiale - prescrizioni nel titolo edilizio

La sentenza affronta una serie di questioni:

  • legittimità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di box pertinenziali interrati ex lege 122/89 su lotto in proprietà al quale si accede da proprietà condominiale (nella fattispecie si tratta di un terreno pertinenziale di proprietà del richiedente cui si accede mediante una rampa che porta anche ai box di altri condomini);
  • obbligo o meno per il Comune di accertare compiutamente la sussistenza delle condizioni legittimanti l’ottenimento del titolo abilitativo, con specifico riferimento alla titolarità in capo al richiedente il permesso di costruire dei sedimi interessati dall’intervento;
  • illegittimità o meno del titolo abilitativo con riferimento all'obbligo o meno di recepire e/o riportare talune prescrizioni contenute in altri atti del procedimento.



TAR Veneto, sez. II, 1.02.2011

Non debenza degli oneri concessori relativi alla realizzazione di parcheggi interrati di immobile ad uso commerciale direzionale

Il ricorso è relativo ad una richiesta di intervento del Giudice Amministrativo per stabilire se l’esenzione dal contributo di concessione, pretesa dalla ricorrente invocando le norme sui parcheggi pertinenziali (art. 9 legge 122/89), sia applicabile all’opera dalla stessa realizzata ad uso commerciale e direzionale.



TAR Veneto, sez. II, 1.02.2011

Permesso di costruire - possibilità o meno di rettificare il contributo su un asserito errore di calcolo

Con atto uno specifico atto l’amministrazione comunale comunica alla società interessata che, a seguito della rettifica di taluni errori di calcolo, avrebbe dovuto procedere al versamento, a titolo di conguaglio, di una certa somma (nel caso pari a circa il 150% di quella già versata); ciò, nello specifico, in quanto, non avendo la Regione Veneto emanato alcun provvedimento di attuazione dell’art. 16 del d.p.r. n. 380 del 2001 in materia di fissazione dei parametri per la determinazione del contributo di costruzione, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 16, comma 9 sopra citato nella parte in cui fissa l’aliquota minima del contributo di costruzione afferente al costo di costruzione nella misura del 5%.



TAR Veneto, sez. II, 1.02.2011

Permesso di costruire rilasciato dal commissario ad acta - natura giuridica - ammissibilità o meno dell'annullamento in autotutela da parte del Comune

Il fatto.

Un'amministrazione comunale non determina su una domanda di titolo abilitativo edilizio presentata (il 6 agosto 2008) da un interessato (in variante ad uno già rilasciato - per modifiche della destinazione d'uso). Presumibilmente tale silenzio è dovuto al fatto che nelle more del procedimento di rilascio veniva accertato (il 10 febbraio 2009) un'esecuzione dei lavoro non conforme al permesso rilasciato, avviando il relativo procedimento. A questo punto interviene l'accoglimento del ricorso amministrativo nel frattempo proposto dall'istante avverso il silenzio amministrativo. L'inottemperanza della decisione ha determinato la nomina del commissario ad acata che ha rilasciato il permesso di costruire.



TAR Veneto, sez. II, 1.02.2011

Distanze muretti di contenimento - scarpate - DM 1444/68 natura

Preliminarmente il Collegio sottolinea che, per giurisprudenza ormai consolidata, in tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione" agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c. per la parte che adempie alla sua specifica funzione, e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento; la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, invece, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, è soggetta alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico, ed alla medesima disciplina devono ritenersi soggetti, perché costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno ed il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell'uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente (cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. II, 10 gennaio 2006, n. 145; Cons. St., Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579; Cons. St, Sez. V, 28 giugno 2000, n.3637).



Consiglio di Stato, sez. IV, 28.01.2011

Distanze dai confini e regime della doppia tutela - Nozione di volume tecnico - Definizioni degli interventi "testo unico" e ruolo degli strumenti locali

La sentenza affronta tre questioni:

  • sussistenza del c.d. regime della "doppia tutela" in tema di distanze fra costruzioni o di queste con i confini;
  • nozione di volume tecnico;
  • prevalenza delle definzioni legali degli interventi edilizi contenute nel testo unico edilizia rispetto a quelle locali difformi.



TAR Emilia Romagna, Parma, 26.01.2011

Passo carraio senza "piazzola" antistante - legittimità - condizioni

La sentenza oltre ad argomentare i "caratteri" che consentono, in concreto, di qualificare la natura della strada (se pubblica o privata), mette in evidenza che:

Quanto, infine, all’addotta inosservanza dell’art. 46, comma 3, del Regolamento di esecuzione – per essere stato il cancello posto a ridosso della strada e tale quindi da non consentire la sosta di un veicolo in attesa di ingresso nella proprietà laterale –, osserva il Collegio come i ricorrenti non abbiano tenuto conto della nuova formulazione dell’art. 46 per effetto delle modifiche apportate dall’art. 36 del d.P.R. n. 610 del 1996, ed in particolare dell’introduzione, al quarto comma, di una disposizione per cui “…È consentito derogare dall’arretramento degli accessi e dall’utilizzo dei sistemi alternativi nel caso in cui le immissioni laterali avvengano da strade senza uscita o comunque con traffico estremamente limitato, per cui le immissioni stesse non possono determinare condizioni di intralcio alla fluidità della circolazione”. Le caratteristiche della strada in questione evidenziano la sussistenza delle condizioni ora indicate, sicché appare palese l’infondatezza della doglianza.).



TAR Umbria, sez. I 20.01.2011

Beni culturali: vincolo indiretto - procedure di notifica - effetti

Della sentenza in esame si ritiene dare evidenza ai seguenti aspetti:

E’ pur vero che il predetto art. 47, al primo comma, dispone che il provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta è notificato al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili interessati, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, e doveva dunque essere comunicato alla società ricorrente. Ma tale disposizione, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, non vale a sancire il carattere recettizio del provvedimento contenente prescrizioni di tutela indiretta, con la conseguenza che la sua comunicazione non è condizione di efficacia del provvedimento.

In ogni caso, la mancata notificazione di un atto amministrativo al suo destinatario non incide sull’esistenza o validità dello stesso, con la conseguenza che non può essere considerato nullo od illegittimo per il solo fatto della mancata comunicazione da parte dell’Autorità emanante (Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4860).



S.C. Cass., sez. III penale, 14.01.2011

Titoli abilitativi illegittimi - conseguenze

Lexambiente pubblica la sentenza in commento, la quale affronta la uqestione relativa alle conseguenze di un titolo abilitativo rilasciato nonostante la non conformità alle previsioni degli sturmenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della normativa vigente. Per i Giudici Penali:

Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte in materia di illeciti edilizi, da quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, in presenza di una concessione edilizia ovvero di un permesso di costruire illegittimi, non occorre fare ricorso alla disapplicazione dell'atto amministrativo, perché sia configurabile il reato di costruzione abusiva, atteso che la conformità della costruzione e della concessione alla norme ed agli strumenti urbanistici è elemento costitutivo o normativo dei reati contemplati dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985. n. 47 ed attualmente dall'art. 44 del DPR n. 380/2001, stante la individuazione del parametro di legalità urbanistica ed edilizia quale ulteriore interesse protetto dalle disposizioni in questione, sicché è sufficiente valutare la sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica. (cfr. sez. III, 18.12.2002 n. 4877 del 2003, Tarini, RV 223533; sez. VI 17.2.2003, Marrone ed altri, RV 225674; sez. 111, 26.2.2003 n. 18764, Demoni, RV 224731; sez. III, 2.10.2007 n. 41620, Emelino, RV 237995).

E' stato, infatti, da tempo affermato da questa Suprema Corte che in tema di violazioni urbanistiche, l'interesse protetto dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ed attualmente art. 44 del DPR n. 380/2001) non è quello del rispetto delle prerogative della pubblica amministrazione nel controllo dell'attività edilizia e perciò della regolarità delle procedure di concessione, ma quello sostanziale della protezione del territorio in conformità alla normativa urbanistica, perciò non si pone un problema di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, quanto di controllo della legittimità di un atto amministrativo che costituisce un elemento costitutivo o un presupposto del reato. (cfr. sez. III, 12.5.1995 n. 1756, Di Pasquale, RV 202077; sez. un. 12.11.1993 n. 11635, P.M. in proc. Gorgia).



S.C. Cass., sez. III penale, 17.01.2011

Predisposizione di impianti? è già cambio d'uso - il concetto di destinazione d'uso

Lexambiente pubblica la sentenza in commento, dalla quale si evince che per i Giudici Penali:

la predisposizione di impiantistica idrica, elettrica e di riscaldamento nel destinato a garage rappresenta già una modifica della destinazione d'uso del vano dell'unità immobiliare, autorizzato perché sia destinato a ricovero dell'autovettura e non già a uso abitativo; tale modifica ha carattere di attualità, in quanto i lavori sono stati effettuati, e non rappresenta di certo un tentativo di abuso edilizio od una mera predisposizione in vista di una futura modifica di destinazione.

Come è noto, la destinazione d'uso di un'unità immobiliare individua la funzione che l'immobile è destinato a svolgere ed è un elemento in grado di incidere direttamente sulla pianificazione territoriale e sul carico urbanistico; quindi la abusiva modificazione della destinazione d'uso di un'unità immobiliare può aggravare il cd. carico urbanistico, tanto che in dottrina è stato osservato che una parte del degrado ambientale è riconducibile proprio ai diffusi mutamenti di destinazione d'uso degli immobili preesistenti con problemi connessi alle diverse esigenze di trasporto, smaltimento dei rifiuti, viabilità ecc. (tra le molte, Sez. 3, n. 22866 del 13/6/2007, Laudani, Rv. 236881, in riferimento alla realizzazione di opere interne in un immobile, le quali abbiano comportato il mutamento della destinazione d'uso). In particolare il relazione alla predisposizione di impianti tecnologici si segnala la decisione di questa Sezione, n. 27713 del 16/7/2010, PM in proc. Olivieri, Rv. 247919, che ha nuovamente precisato che la modifica di destinazione d'uso è integrata anche dalla realizzazione di sole opere interne (fattispecie di mutamento in abitazione del sottotetto mediante la predisposizione di impianti tecnologici sottotraccia).



TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 19.01.2011

Diniego illegittimo - risarcimento del danno - presupposti - colpa della p.a. - oneri probatori - errori scusabili: fattispecie

Nel presupposto che "laddove per inadempienza del Comune non si sia provveduto alla perimetrazione del centro storico quando sono richieste valutazioni edilizie che richiedano l’accertamento di questo parametro, esso andrà compiuto in via di fatto verificando le caratteristiche dell’insediamento in cui la zona divenuta bianca si trova."

considerato altresì che " La natura periferica dell’insediamento ben poteva essere valutata allora ed è stata poi confermata nel momento in cui si è provveduto ad operare la doverosa perimetrazione."

per il TAR "Il diniego di concessione si appalesa, pertanto, illegittimo con conseguente diritto della cooperativa ricorrente al risarcimento dei danni."

per cui "La domanda di risarcimento del danno è fondata, sussistendo i presupposti previsti dall’art. 2043 c.c...."



TAR Veneto, sez. II, 18.01.2011

Verbali di sopralluogo: natura - casi di ammissibile impugnativa

"in relazione al verbale di sopralluogo ..., invece, l’impugnazione deve ritenersi pienamente ammissibile in quanto, pur costituendo atto endoprocedimentale insuscettibile di impugnazione immediata, il verbale è stato gravato unitamente al provvedimento demolitorio, adottato a conclusione del procedimento finalizzato all’accertamento della sussistenza degli abusi edilizi.

I verbali di sopralluogo, infatti, sebbene si sostanzino, di regola, nella descrizione di meri accertamenti di fatto, sono suscettibili di produrre un’efficacia lesiva, sia pure non immediata, nella misura in cui viene contestato il contenuto delle rappresentazioni in esso contenute, poste a fondamento del provvedimento definitivo, sicché, a prescindere dalle valutazioni in ordine alla peculiare valenza probatoria di tali atti (il che costituisce valutazione di merito), la loro impugnazione unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento è certamente ammissibile."

 

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