TAR Veneto, sezione 2, sentenza 21 ottobre 2010, n. 5694 (breve)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L.R. Veneto 14/09: gli ampliamenti possono derogare il regime delle distanze previsto dalle discipline comunali
di romolo balasso architetto

Tecnojus ha voluto attendere di commentare la sentenza del TAR Veneto per i comprensibili effetti che ne possono seguire.

Ad ogni modo la sentenza non si limita a condividere il ricorso ma contiene altri spunti di interesse, non ultimo un accenno agli interventi comunali che rischiano di "comprimere l'efficacia di una disciplina di legge ..".

La sentenza, a nostro avviso, va letta con molta attenzione e cautela (tra l'altro è una sentenza breve), sia in ordine all'oggetto del contendere (la deroga alle distanze) sia con riguardo ai profili argomentativi espressi e che potrebbero non rappresentare un via libera alla deregulation in materia di distanze.

Il caso:

Un comune ha inibito la DIA per la realizzazione di un ampliamento in deroga ai sensi dell'art. 2 della l.r. 14/09 (piano casa), in quanto il fabbricato non rispetta la distanza dal confine prevista dal PRG.

La motivazione del provvedimento comunale risiede nel fatto che con la delibera comunale prevista dalla stessa legge regionale il Comune ha disposto "che la norma statale in materia di distanze tra i confini e tra gli edifici è integrata dalle previsioni in materia del vigente P.R.G. del Comune ..... e comunque fatti salvi i diritti dei terzi nel rispetto del codice civile".

Per il Comune, pertanto, risulta evidente che le disposizioni del proprio P.R.G. prescriventi una distanza minima dei fabbricati dal confine di proprietà è misura integrativa della distanza prescritta dall'articolo 873 del codice civile, per diretta previsione dello stesso:

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore. 

L'interessato ha impugnato il provvedimento ritenendo che la legge regionale dispone espressamente la deroga delle disposizioni locali,"e dunque anche alle norme comunali sulle distanze".

La decisione

Per il TAR Veneto, "l’art. 873, nella seconda parte, in cui stabilisce che “nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”, determina la natura parzialmente dispositiva della previsione contenuta nella prima parte, ma non comporta, atteso il suo tenore letterale, un rinvio formale ai regolamenti locali, i quali non completano dunque la norma di legge e non ne acquistano comunque la forza."

Inoltre, anche se non si volesse accedere senz’altro a tale impostazione, bisogna osservare che tra i “regolamenti locali”, i quali concorrono a disciplinare la materia delle distanze, devono essere incluse tutte le disposizioni conferenti non statali e, dunque, anche quelle di fonte regionale (conf. Cass. 10 maggio 2004, n. 8848).

Di tali “regolamenti locali”, pertanto, fanno parte anche le norme, di cui alla l.r. 14/09, le quali consentono gli ampliamenti in deroga a tutti i regolamenti comunali, e dunque anche a quelli sulle distanze: che poi tali norme di legge regionale, sempre intese come “regolamenti locali”, prevalgano sul regolamenti comunali non sembra dubbio, atteso il grado superiore di quelle.

e conclude asserendo che "non si può mancare di osservare come la soluzione adottata dal Comune di .... tenda a comprimere l’efficacia di una disciplina di legge in una materia, come il governo del territorio, dove la potestà legislativa è affidata alle regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, di competenza statale, tra i quali non pare tuttavia rientrare il disposto di cui all’art. 873 c.c.: sicché non vi è ragione di ritenere che specifiche previsioni, contenute in un regolamento comunale in materia edilizia, possano limitare la forza espansiva della disciplina di cui alla l.r. 14/09."

Su quest'ultimo punto si deve osservare che il legislatore veneto in più sedi, compreso quello della circolare, ha ritenuto di evidenziare che la legge 14/09 non è una legge urbanistica, o edilizia, bensì una legge di sostegno all'economica, anche se incide sotto il profilo urbanistico e/o edilizio.

Commento

Il Comune interessato sembra abbia fatto riferimento a quell'indirizzo giurisprudenziale, della Suprema Corte di Cassazione Civile, secondo il quale la previsione di una distanza minima dai confini nei regolamenti locali è da intendersi integrativa della disposizione codicistica di cui all'articolo 873 (per il c.d. principio della prevenzione).

Per converso altra giurisprudenza della medesima corte riconosce che l'articolo 873 del codice civile disciplina esclusivamente una distanza tra fabbricati e non dei fabbricati dal confine, al punto che non sembra consentito ampliarne la portata.

Consegue, pertanto, che la decisione del TAR potrebbe essere condivisibile laddove avesse statuito che la deroga al regime delle distanze sia limitata a quelle dei fabbricati dai confini.

Anche questa "deroga", però, potrebbe incontrare delle limitazioni sul piano civilistico, infatti il mancato rispetto di tale misura, qualora corrispondente alla metà della distanza minima inderogabile prevista tra fabbricati (i classici 5 metri dati dalla distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate), creerebbe un indebito sacrificio nella proprietà confinante in caso di edificazione. La distanza tra fabbricati espressa all'articolo 873 del Codice Civile e quella prescritta all'articolo 9 del D.M. 1444/68, come noto, ha natura pubblicistica stante la finalità di evitare la formazione di intercapedini nocive quanto a salubrità e sicurezza, al punto che sono sottratte da eventuali accordi pattizi.

Sembra dunque ragionevole ritenere che la deroga possa più agevolmente essere condivisibile laddove riguardasse la sola distanza dei fabbricati dai confini qualora il regolamento locale, come nel caso trattato nella sentenza in commento, dovesse prevedere una distanza maggiore di quella canonica dei 5 metri.

data documento:
9-11-2010
file: sentenza
fonte: