S.C. di Cass. Pen., sez. III, sentenze n. 27258/2010 e 27699/2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

esimente

 

colpa

 

 

 

 

 

 

 

regime della
R.E. con mutamento d'uso

 

 

 

 

 

asseverazione natura di certificato

 

 

 

 

 

contenuti della relazione integrante il reato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ruolo ed obbligo del progettista asseverante

 

 


nozione di asseverare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

natura DIA agli effetti penali

Le responsabilità del direttore dei lavori nel permesso di costruire e le responsabilità del progettista asseverante una DIA.
di romolo balasso architetto

direttore dei lavori

Con sentenza 14 luglio 2010 n. 27258, la Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha ribadito che la responsabilità penale del direttore dei lavori di un intervento subordinato al regime del permesso di costruire è quella discendente dall'art. 29 del testo unico edilizia, ovvero:

"Per quanto concerne la posizione del direttore dei lavori, si osserva che in tema di reati edilizi questi è penalmente responsabile, salva l'ipotesi d'esonero prevista dall'art. 29 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, per l'attività edificatoria non conforme alle prescrizioni del permesso di costruire in caso d'irregolare vigilanza sull'esecuzione delle opere edilizie, in quanto il direttore dei lavori deve sovrintendere con continuità alle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica (cfr. per tutte Cass. n. 38924 del 2006).

In definitiva il direttore dei lavori non è responsabile delle difformità della costruzione rispetto al progetto solo qualora abbia contenstato agli altri soggetti la violazione del permesso fornendo all'autorità amministrativa contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa e rinunciando all'incarico.

Trattandosi di contravenzione per la configurabilità del reato è sufficiente la negligenza."

progettista asseverante DIA e il reato di falso

Con sentenza del 18 luglio 2010, n. 27699, la S.C. di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha ribadito degli indirizzi giurisprudenziali sia con riferimento ai regimi edilizi delle ristrutturazioni che alle responsabilità del progettista asseverante un intervento subordinato a DIA.

In ordine al regime edilizio della ristrutturazione edilizia, la S.C. evidenzia che:

in tema di reati edilizi, gli interventi di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire sia nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico sia nel caso inc ui, se eseguiti nei centri storici, comportino il mutamento della destinazione d'uso all'interno di una stessa categoria omogenea; diversamente, se eseguiti fuori dei centri storici, gli stessi sono eseguibili in base a denuncia di inzio attività (DIA) qualora comportin il mutamento della destinazione d'uso all'interno di una stessa categoria omogenea (Sez. III, 20.1.2009, n. 9894, Tarallo, m. 243102).

In riferimento alle responsabilità del progettista asseverante, per quanto corncerne il reato di falso, la S.C., ribadisce che:

La relazione allegata alla denuncia di inizio attività ha natura di certificato solo in relazione alle attestazioni relative allo stato dei luoghi ed alla correlata dichiarazione di compatibilità delle opere realizzande con gli strumenti urbanistici vigenti, mentre la sola attestazione della volontà del committente non assume i connotati di una realtà oggettiva percepibile sensorialmente e verificabile alla stregua di un'errata indicazione progettuale di misure ed estensioni non conformi allo stato dei luoghi e non ha, pertanto, natura di certificato.

Non rientra fra i certificati, attestanti fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, la realzione tecnica allegata alla DIA laddove si limita a rendere nota alla P.A. l'intenzione di realizzare le opere in essa descritta, al momento ancora inesistenti.

La norma incriminatrice deve avere ad oggetto fatti o situazioni materiali, suscettibili, come tali, di essere verificati nella loro oggettiva esistenza, presente o passata, mentre si deve escludere che possono esserre oggetto di certificazione fatti o situazioni futuri, come nel caso in cui la relazione si esaurisca con il rendere nota alla pubblica amministrazione l'intenzione di realizzare solo le opere in essa descritte, al momento ancora inesistenti, nulla rilevando che, "ex post", possa, più o meno fondatamente, ritenersi che l'intenzione era invece, fin dall'inizio, quella di realizzare opere diverse.

Nel caso specifico della sentenza è stato ritenuta la falsità del professionista asseverante:

quel contenuto di progetto e relazione laddove si afferma contrariamente al vero che gli immobili avevano una data destinazione d'uso e che il progetto, così come presentato, non comportava mutamento di destinazione d'uso. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "l'individuazione della precedente destinazione d'uso non si identifica con l'uso fattone in concreto dal soggetto utilizzatore, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito" (Sez. III, 20.1.2009, n. 9894, Tarallo, m. 243100).

Sempre dalla sentenza la S.C. evidenzia che il progettista ha un duplice obbligo:

  • redigere una relazione preventiva in cui si assume l'onere di "asseverare" tra l'altro la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati e la mancanza di contrasto con quelli adottati e con i regolamenti edilizi;
  • rilasciare al termine dei lavori (ove non lo faccia altro tecnico) un certificato di collaudo circa la conformità di quanto realizzato al progetto iniziale.

Il Giudice di legittimità prosegue con l'evidenziare che:

E' stato esattamente osservato che il termine "asseverare" ha il significato di "affermare con solennità", e cioè di porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto a verità - affidabilità del contenuto.

In particolare va tenuto presente che la decisione del committente e del suo professionista di non sollecitare mediante richiesta di permesso di costruire il preventivo controllo dell'ente pubblico, e di procedere piuttosto con DIA, porta con sè una particolare assunzione di responsabilità, in relazione al particolare affidamento che l'ordinamento pone sulla relazione tecnica che accompagna il progetto e sulla sua veridicità, atteso che quella relazione si sostituisce, in via ordinaria, ai controlli dell'ente territoriale ed offre le garanzie di legalità e correttezza dell'intervento.

Proprio in considerazione di questo affidamento la condotta del professionista abilitato assume una specifica rilevanza pubblicistica (art. 29, comma 3) che incide sulle previsioni dell'art. 23, commi 1 e 6.

La relazione del progettista, che integra la dichiarazione stessa di inizio attività, è atto dotato di piena autonomia e di valore pubblicistico: solo un atto definitivo e in sè compiuto può originare la responsabilità penale.

Ne consegue che la costruzione della DIA come atto a controllo successivo rafforza il concetto di delega di potestà pubblica al soggetto qualificato, con dichiarazione del progettista che assume valore sostitutivo e quindi "certificativo".

data documento:
29-07-2010
file:
fonte:
Lexambiente.it