Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 8luglio 2010, n. 4436

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

teoria
del c.d.
falso
innocuo

 

 

 

 

 

Il c.d. "falso innocuo" del professionista nelle gare pubbliche.
di romolo balasso architetto

La sentenza in commento può essere così massimata:

il professionista che partecipa autonomamente, o in raggruppamento con altri soggetti, ad una gara pubblica non può dichiarare come propria una referenza relativa ad attività svolta all'interno di una società, anche nel caso in cui avesse avuto un ruolo preminente nella medesima, perchè non è possibile escludere il contributo di altri professionisti legati alla stessa società.

Il fatto.

Con ricorso al Tribunale Amministrativo del Veneto delle società partecipanti sostenevano l’illegittima ammissione alla gara del raggruppamento aggiudicatario avendo reso, in sede di gara, dichiarazioni non corrispondenti al vero e l’attribuzione di un punteggio eccessivo al medesimo raggruppamento e, ad esso, di un punteggio inferiore al dovuto in relazione alle referenze presentate chiedendo quindi l’annullamento degli atti impugnati.

Il relativo provvedimento è stato annullato dai primi giudici che hanno condiviso la censura, dedotta dal raggruppamento, odierno resistente, circa la violazione, da parte del raggruppamento aggiudicatario, dell’art. 8, lett. d) ultima parte, del bando di gara, in quanto un incarico dichiarato da un singolo professionista (ingegnere), suo componente, relativo ad uno studio di fattibilità sull’ottimizzazione di un sistema di adduzione ed interconnessione di una grande distribuzione acquedottistica, non sarebbe stato svolto dal suddetto professionista individualmente ma in qualità di collaboratore di una società (srl).

Il giudicato.

L’argomentazione non è stata condivisa dal Consiglio di Stato, in quanto, non vi è dubbio sul fatto che lo studio di cui si tratta sia stato affidato alla s.r.l. e non al singolo professionista. Quest’ultimo non era l’unico detentore delle quote sociali, ed il fatto che il professionista era responsabile del servizio, risulta elemento che non esclude affatto il contributo di altri professionisti legati alla società di appartenenza.

L’appellante afferma peraltro che la dichiarazione di cui si tratta debba essere giudicata erronea, non falsa, e che comunque il suo contenuto non ha avuto concreta influenza sul procedimento.

L’appellante quindi implicitamente richiama la teoria del “falso innocuo”, compiutamente elaborata in ambito penalistico, ed applicabile anche nell’ambito dei rapporti amministrativi al fine non di affermare una responsabilità penale (evidentemente) ma di accertare la rilevanza di una dichiarazione non veritiera, resa al fine di ottenere un vantaggio dall’Amministrazione.

Al riguardo, osserva il Collegio come nella giurisprudenza amministrativa sia stata affermata l’irrilevanza del cosiddetto “falso innocuo”.

In particolare, C. di S., V, 13 febbraio 2009, n. 829, ha affermato che “agli effetti della esclusione di una impresa da una gara pubblica la falsa dichiarazione resa dalla stessa non rileva in sé, ma solo per la sua inerenza ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alla procedura comparativa, atteso che la “ratio” sottesa alla disciplina “in subiecta materia” è quella di sanzionare con l'esclusione dalla gara il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il suo svolgimento, e non il falso innocuo, costituito (in quel caso) dalla incompleta indicazione dei soggetti titolari di cariche rilevanti nel triennio, ma non gravati da alcun precedente penale.”

Peraltro, Cassazione penale , sez. V, 02 ottobre 2008 , n. 39432, ha affermato che “non integra il falso innocuo ma il reato di falsità in scrittura privata la condotta di colui che falsifica alcune pagine di una memoria redatta dal proprio difensore, sostituendole a quelle originali, e quindi provvedendo al deposito dell'atto presso la cancelleria, considerato che il vantaggio richiesto dalla norma incriminatrice del falso in scrittura privata può avere anche natura esclusivamente morale, nella specie costituito dal deposito della memoria nel testo voluto dall'imputato anziché in quello voluto dal difensore.”

Più in generale “sussiste il falso innocuo quando esso si riveli in concreto inidoneo a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, nel senso che l'infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere; in tal caso, infatti, la falsità non esplica effetti sulla funzione documentale che l'atto è chiamato a svolgere, che è quella di attestare i dati in esso indicati, con la conseguenza che l'innocuità non deve essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto” (Cassazione penale , sez. V, 07 novembre 2007 , n. 3564).

Secondo i precedenti sopra riassunti, quindi, il falso è innocuo quando non attribuisce una posizione di vantaggio, nemmeno sotto il profilo morale, ovvero non è nemmeno potenzialmente in grado di attribuirla.

Ad avviso del Collegio, nell’ambito dei rapporti amministrativi la relativa valutazione deve essere compiuta “ex ante”.

A voler seguire l’opposta impostazione proposta, nella presente controversia, dalla stazione appaltante, i candidati alla stipula di un contratto (o ad altra utilità) potrebbero rendere, nel corso del procedimento, dichiarazioni non veritiere con la possibilità di disconoscerle una volta accertato che le stesse sono inutili allo scopo di conseguire il risultato sperato.

La tesi comporta un evidente nocumento per la parità di condizione fra i partecipanti alla gara o a qualsiasi procedimento cui partecipino diversi aspiranti, per cui non può essere condivisa.

Il falso quindi non deve essere neanche potenzialmente in grado di incidere sul procedimento, e non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.

Occorre poi osservare che nel caso che ora occupa in esame la normativa di gara è giustamente rigorosa nell’imporre ai partecipanti di rendere dichiarazioni esatte.

Di conseguenza, la valutazione circa la possibile incidenza di dichiarazioni non veritiere era stata già compiuta all’atto della predisposizione della normativa di gara, per cui le prescrizioni imposte con quest’ultima non potevano essere disattese al momento in cui la stessa stazione appaltante è stata chiamata a darvi applicazione.

In conclusione, afferma il Collegio che l’odierna appellante, chiamata ad affrontare la complessa problematica del falso innocuo ha, sia pure non colposamente, in ragione della delicatezza del problema, reso una decisone non corretta, per i motivi sopra esposti.

L’appello deve, di conseguenza, essere respinto

data documento:
19-07-2010
file: sentenza
fonte: