Art. 3 - definizione interventi - d.p.r. 380/01 TESTO UNICO EDILIZIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricostruzione: significato - è il ripristino contemplato nella definizione di restauro e risanamento conservativo?
di romolo balasso architetto

Oggetto di controversia è stata la permessa "ricostruzione" di un piano primo "sul presupposto che il fabbricato da riattare e trasformare fosse composto – quanto meno nel passato meno recente - che, oltre al piano terra, visibile all’epoca del rilascio, esistesse (o fosse esistito) anche un piano superiore" (Così in TAR Veneto, 30-4-09 n. 1356).

La "ricostruzione", viene sostenuto in giudizio da una delle parti, non esistendo esplicitamente come categoria autonoma, si deve far rientrare in quella di "restauro e risanamento conservativo", in quanto la definizione legale prevede espressamente che tali interventi "... comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori ...", sopratttutto nel caso in cui le NTA ammettessero che per ripristino “devono intendersi gli interventi di ricostruzione di quelle parti originali dell’edificio crollate o demolite che sono documentate in modo incontrovertibile (con foto, disegni, documenti, catasti) e la cui ricostruzione è indispensabile per la ricomposizione architettonica e tipologica dell’edificio stesso” (c.d. ripristino tipologico e filologico di una preesistente struttura).

In merito alla vicenda, dalle espressioni giurisprudenziali, si evince che "La P.A. resistente asserisce di essere pervenuta alla conclusione della preesistenza anche del 1° piano sulla scorta di accurata e adeguata indagine anche storica, la assentita ricostruzione del primo piano potrebbe ricondursi ad una delle opere insite o ricomprese nelle categorie assentite dallo strumento urbanistico".

Nel giudizio di primo grado, però, il TAR ha ritenuto che la PA, nei documenti in atto, contententi dati scarni, "non può veramente dirsi che esistesse un piano superiore a quello terraneo", per cui:

non poteva, dunque – ad avviso del Collegio- ravvisarsi l’esistenza di un piano primo al fine di assentire la sopraelevazione, mediante la categoria del ripristino. Se pure nel passato (meno recente) era esistito un piano superiore, di esso non vi era più traccia concreta e visibile, quanto meno dall’epoca della cartolina dalla quale fu tratta l’incisione ricordata, cosicché non si poteva assentire il ripristino di ciò che certamente non esisteva al momento del rilascio del permesso di costruire.

Nel ricorso di appellto presso il Consiglio di Stato, "gli appellanti hanno inteso riportare alla sua originaria consistenza l’edificio de quo a mezzo di opere di “ristrutturazione” che interessano, oltre il piano terraneo, anche un primo piano: tale intervento - in quanto consistente nella ricostruzione di strutture preesistenti - sarebbe conforme alla normativa urbanistica all’uopo prevista dalle NTA del PRG che consente il restauro e il risanamento conservativo fino al ripristino di un corpo edilizio preesistente".

Infatti le NTA contengono norme specificanti il fatto che per ripristino “devono intendersi gli interventi di ricostruzione di quelle parti originali dell’edificio crollate o demolite che sono documentate in modo incontrovertibile (con foto, disegni, documenti, catasti) e la cui ricostruzione è indispensabile per la ricomposizione architettonica e tipologica dell’edificio stesso”.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto con la sentenza n. 7540/2010 in commento, che "Le deduzioni contenute nell’atto d’appello - ancorchè pregevolmente esposte - non risultano condivisibili."

Questi i profili argomentativi:

Ai fini di verificare l’ammissibilità o meno delle opere oggetto di controversia, infatti, occorre individuare con esattezza la categoria di intervento edilizio in cui inserirle e tanto in relazione al titolo abilitante rilasciatoal richiedente e al regime giuridico (urbanistico-edilizio) che lo regge.

Con il termine “ripristino” s’intende, in campo edilizio, l’operazione volta ad ottenere la ricostruzione di una cosa persa, non più esistente , di cui lo strumento di pianificazione, come nel caso di specie pure ne ha ritenuto corretta la riproposizione.

In altri termini, quanto al suo contenuto, il ripristino deve tendere a ricostituire lo status edilizio quo ante, per cui il risultato finale di un siffatto intervento su un immobile non più presente perché demolito o comunque venuto meno per ragioni svariate è appunto la ricostruzione dell’edificio dov’era e com’era (nelle forme e consistenza originariamente possedute dall’edificio).

La disciplina urbanistica comunale ritiene compatibile con la categoria del restauro e quella del risanamento l’intervento di ripristino, sempreché però le parti originarie da ricostruirsi siano documentate in modo “incontrovertibile”, nel senso che attraverso elementi oggettivi – caratterizzati dalla assoluta certezza - deve essere comprovata la preesistenza di quanto si vuole riedificare.

Ciò doverosamente precisato, non pare sia possibile affermare con certezza la preesistenza nel tempo di un piano sopraelevato rispetto al pianterreno, sì da giustificare legittimamente un intervento di restauro e risanamento conservativo con la tipologia del ripristino del genere di quello autorizzato.

Invero, a supporto della esistenza da tempo immemorabile nel fabbricato de quo di un piano superiore viene offerta la documentazione rappresentata da una incisione d’autore riproducente una fotografia d’epoca che risalirebbe al 1901 e che evidenzierebbe la presenza di un primo piano abitabile, oltre quello a pian terreno.

Osserva al riguardo la Sezione che la preesistenza di un primo piano abitabile consiste in una ricostruzione effettuata solo in via deduttiva, senza che sia ancorata a dati empirici e tecnico-scientifici assolutamente certi, di guisa che il ripristino invocato dall’appellante comporterebbe solo in via ipotetica la realizzazione di un fabbricato che riproduca quello una volta esistente, senza che si possa dare atto della corrispondenza tra le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio progettato e autorizzato e quelle del preesistente edificio.

In definitiva, sulla scorta della disamina dello stato dei luoghi e alla luce delle strutture edilizie esistenti (come risultanti dalla ponderosa documentazione depositata dalle parti), deve necessariamente dedursi che :

  • il restauro e risanamento conservativo può e deve riguardare le strutture esistenti costituite da un corpo di fabbrica che si sviluppa su un solo piano, quello terraneo completo di tetto con copertura a falde, poiché in tale ingombro non si può “incontrovertibilmente” configurare l’esistenza di un piano superiore rispetto a quello esistente;
  • il ripristino pure configurato nell’ambito delle tipologie sopra indicate non può estendersi a parti dell’edificio di cui non è provata con certezza la preesistenza, con la conseguenza che in realtà con il permesso di costruire si sono autorizzate opere ultronee, tali da condurre ad un edificio diverso da quello originario.
data documento:
30-10-2010
file: sentenza CdS
fonte:
Consiglio di Stato