TAR Veneto, sezione 2, sentenza 7 marzo 2011, n. 374

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Impianti pertinenziali di attività - casi di esclusione
di romolo balasso architetto

Sostiene parte ricorrente, con il primo ed unico motivo di gravame, che le opere oggetto del provvedimento impugnato possiedono tutte le caratteristiche per essere qualificate, sotto il profilo urbanistico-edilizio, come pertinenze dell’opificio e comunque come impianti tecnologici a servizio dello stabilimento nel quale viene esercitata l’attività di produzione e commercializzazione di pavimenti a parquet e che tale impianto non ha, inoltre, alcuna autonomia funzionale essendo posto al servizio della fabbrica per l’esecuzione di alcune importante fasi della lavorazione del legno.

Ne consegue che la realizzazione delle opere sanzionate avrebbe richiesto tuttalpiù, e quindi senza escludere del tutto la necessità di qualsivoglia titolo, una mera autorizzazione gratuita e non la concessione edilizia, tale per cui il manufatto pretesamene abusivo avrebbe dovuto essere sanzionato con la pena pecuniaria e non, ex art. 92 l.r. 61/1985, con la demolizione.

Il TAR ha così deciso:

premesso che nella specie le opere abusivamente realizzate, oggetto del provvedimento impugnato consistono in 2 manufatti così descritti:

 

fabbricato, adibito ad essiccatoio, di dimensioni di ml 8,97x8,75 e di altezza pari a m. 4,75, realizzato con struttura di acciaio e tamponatura a sandwich in poliuretano ed alluminio con adiacente volume tecnico della dimensione di ml 2,07x2,03 e di altezza pari a ml 4,75 di sup erficie complessiva pari a 82,34 mq.;

costruzione di 2 vasche per la raccolta e pompaggio degli scarti di segatura provenienti dai reparti di lavorazione delle dimensioni di ml. 5,25x3,58 e per altezza di ml 2,56 pari ad area coperta di mq. 18,80.

Si tratta quindi di due manufatti che non possono essere considerati, il primo in particolare, come invece sostiene parte ricorrente sulla base di una perizia tecnica, impianto ma fabbricato adibito ad impianti.

Né rileva il fatto che il manufatto in questione ospiti solo un impianto di lavorazione (un essiccatoio di legname) perché anche l’opificio cui accede l’impianto, vale a dire il laboratorio artigiano o industriale della ditta ricorrente, contiene all’interno i macchinari tecnici necessari per l’attività svolta nell’opificio, ma non per questo perde la configurazione di manufatto soggetto a concessione edilizia in quanto (come il manufatto che ospita l’impianto di essiccazione) si sostanzia in una costruzione che implica una trasformazione urbanistico edilizia del territorio, soggetta, come tale, ai fini del rilascio del titolo concessorio, al rispetto delle norme del PRG e quindi, tra esse, al rispetto delle distanze dal confine e da altri fabbricati (espressamente contestata nel provvedimento impugnato) nonché al rispetto degli ulteriori indici stereometrici (di copertura e di superficie) anch’essi previsti dal PRG e dalle NTA di zona espressamente richiamate nel provvedimento impugnato.

Né il manufatto può essere considerato, come sostiene parte ricorrente, pertinenza non autonomamente utilizzabile, poiché sia per dimensioni sia per tipologia (costruzione con volumetria pari a mq. 82,34 utilizzabile di fatto, autonomamente, anche come deposito o magazzino) la stessa non può rientrare nella tipologia delle c.d. pertinenze (cfr. ex multis TAR Veneto sez. 2^ 3703/2008).

Né, parimenti, può essere considerato impianto tecnologico per edifici già esistenti (ex art 76 l.r. 61/85) perché una cosa è un impianto industriale realizzato all’interno di un manufatto che lo ospita, nel quale si svolgono fasi di lavorazione funzionali all’attività dell’opificio, come l’impianto di essiccazione, e altra cosa sono gli impianti tecnologici al servizio di un edificio già esistente (tali potendo qualificarsi i manufatti che contengono esclusivamente impianti tecnici di servizio: impianti elettrici, elettronici, per fornitura di gas, idrico-sanitari, antincendio, ascensori etc) tra cui non possono farsi rientrare, all’evidenza, gli impianti industriali quali quelli in oggetto.

E d’altra parte se così fosse un opificio industriale potrebbe essere realizzato, senza richiedere alcun titolo edilizio, se non quello relativo ad un solo manufatto preesistente, realizzando una serie di altri moduli tecnologici (manufatti contenenti impianti funzionali al ciclo di produzione) nel presupposto, surrettiziamente finalizzato ad eludere la necessità di acquisire i relativi titoli edilizi, che si tratti comunque di strutture funzionalmente al servizio del manufatto principale e all’attività ivi svolta.

Ne consegue, in conclusione che i manufatti abusivamente realizzati dalla ditta ricorrente sono, effettivamente tali per assenza di titolo e che il provvedimento impugnato, in mancanza di domanda di sanatoria o di condono, è stato legittimamente e doverosamente assunto ai sensi dell’art. 92 comma 7^ della l.r. 61/1985, trattandosi, e ciò va soggiunto in quanto rilevato nella motivazione del provvedimento di demolizione, di manufatto realizzato in area vincolata e quindi in violazione (anche) delle norme specifiche che subordinano il rilascio del titolo edilizio al parere di compatibilità con tale vincolo.

Il ricorso va quindi respinto.

data documento:
9-03-2011
file: sentenza

fonte: