TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 19 gennaio 2011, n. 138

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diniego illegittimo - risarcimento del danno - presupposti - colpa della p.a. - oneri probatori - errori scusabili: fattispecie
di romolo balasso architetto

Nel presupposto che "laddove per inadempienza del Comune non si sia provveduto alla perimetrazione del centro storico quando sono richieste valutazioni edilizie che richiedano l’accertamento di questo parametro, esso andrà compiuto in via di fatto verificando le caratteristiche dell’insediamento in cui la zona divenuta bianca si trova."

considerato altresì che " La natura periferica dell’insediamento ben poteva essere valutata allora ed è stata poi confermata nel momento in cui si è provveduto ad operare la doverosa perimetrazione."

per il TAR "Il diniego di concessione si appalesa, pertanto, illegittimo con conseguente diritto della cooperativa ricorrente al risarcimento dei danni."

per cui "La domanda di risarcimento del danno è fondata, sussistendo i presupposti previsti dall’art. 2043 c.c...."

Si è, difatti, verificata la lesione di una situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento (il c.d. danno ingiusto), consistente nella perdita della potenzialità edificatoria dell’area per effetto delle modifiche dello strumento urbanistico medio tempore intervenute.

Si è verificato, pertanto, un danno ingiusto, direttamente conseguente all'accertata illegittimità dei provvedimenti di diniego.

Per quanto attiene all’elemento soggettivo della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo cui non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa della p.a., potendo limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo di colpa.

Spetta all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso:

  • di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma,
  • di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore,
  • di rilevante complessità del fatto,
  • di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti,
  • di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2751).

Nessuna di queste fattispecie può attagliarsi al caso di specie dal momento che la norma da applicare era in vigore da lungo tempo e non era controverso il suo ambito applicativo.

L’esistenza delle nuove norme urbanistiche non consente di risarcire il danno in forma specifica e pertanto il risarcimento non può quindi che essere disposto per equivalente.

Per quanto attiene alla sua misura, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trovi piena applicazione il principio dell'onere della prova e non invece l'onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi. Il giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, solo quando non possa essere fornita la prova precisa del “quantum” di danno, ma resta fermo che l' “an” del danno va provato dall'interessato.

In questo caso non può concordarsi sul tipo di danno ipotizzato dalla ricorrente e cioè che la mancata disponibilità del nuovo deposito per i suoi macchinari le abbia impedito di affittare l’immobile posseduto in Bollate, poiché nessuna prova è stata fornita circa l’esistenza di concreti contatti con altri operatori per operare la locazione ipotizzata ed oltretutto il danno non sembra direttamente riconducibile alla mancata costruzione del capannone ex art. 1223 c.c.

Per tali ragioni il Collegio, ai sensi del secondo comma dell'articolo 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, ritiene che l’unico danno che possa essere risarcito sia quello legato alla perdita della originaria destinazione residenziale dell’area in questione.

Tale danno dovrà essere determinato in via equitativa sulla scorta della differenza del valore che l'area aveva al momento del provvedimento inibitorio ed al momento della delibera di approvazione della variante denominata “ Centroparco” : i valori, per entrambi i riferimenti temporali, saranno calcolati tenendo conto sia dei prezzi indicati in contratti di compravendita effettivamente registrati, sia di quelli reali di mercato risultanti da fonti certe o facilmente verificabili.

Trattandosi di debito di valore, alla ricorrente spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato adottato il primo provvedimento lesivo, sino alla formulazione dell’offerta risarcitoria.

Spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data della formulazione dell’offerta risarcitoria fino all’effettivo soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

data documento:
25-01-2011
file: sentenza
fonte: