tecnici e giuristi insieme: approfondimenti tecnico-giuridici sistematici

Lavori Pubblici - Giurisprudenza

Consiglo di Stato, sez. V, 5 luglio 2012

Professione intellettuale e risarcimento del danno - criteri

La sentenza rileva per i criteri da seguire nel caso di richieste di risarcimento del danno (lucro cessante), in relazione al mancato utile derivato dall'impossibilità di conseguire i ricavi direttamente connessi alla esecuzione dell'attività di progettazione, relativamente ad esclusione illegittima di affidamento di incarico di redazione di lavori pubblici. La pronuncia stabilisce che:

... il Collegio, nel condividere non la tesi che porta a commisurare il mancato utile al 60 % della offerta, ma gli argomenti che conducono a considerare accoglibile un “petitum” più circoscritto (si vedano in particolare le argomentazioni svolte dall’appellante a pag. 8 ric. app.), ritiene anzitutto conforme alla comune esperienza osservare come in tema di prestazioni di opere dell’ingegno, con specifico riguardo alle attività di progettazione, il rapporto tra costi e ricavi possa essere diverso –e più favorevole al professionista- rispetto a quanto avviene per gli appalti di lavori pubblici, giacchè nei lavori pubblici incidono in modo sensibile i costi delle materie prime, del cantiere, per la manodopera e per l’acquisto o il noleggio di macchinari, mentre l’attività di progettazione, come avviene per ogni prestazione d’opera intellettuale, è affidata in via prevalente al lavoro intellettuale del progettista.

E’ vero che le prestazioni dell’ingegno, e la redazione di progetti non fa di certo eccezione, presuppongono, oltre alla remunerazione dell’attività propriamente intellettuale, anche la sopportazione di costi fissi e variabili connessi all’impiego di attrezzature e al pagamento di compensi a favore di ausiliari e di collaboratori.

Ma tali costi sono notoriamente inferiori rispetto ai costi sostenuti per eseguire lavori pubblici.

In questa situazione, pur dovendosi dare atto che questo Consiglio, anche di recente (v., su giudizi risarcitori connessi ad attività di progettazione non potuta svolgere, Cons. St. , sez. VI, n. 115 del 2012, e v. inoltre sez. VI, n. 1774 del 2003), nel determinare il risarcimento del danno da lucro cessante applica il cosiddetto “criterio del decimo” limitando il risarcimento per equivalente alla misura massima del 10% del prezzo offerto (salva la riduzione dal 10% al 5%, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente –v. , da ultimo, CdS, III, n. 2850/11- nell’ipotesi di mancata dimostrazione, da parte della impresa, dell’assenza dell’ “aliunde perceptum vel percipiendum”, su cui v. “infra”, p. 5.3.2.), il Collegio, nel caso in esame, stima equo parametrare la liquidazione del danno –non a un utile di impresa di circa il 60 % dell’offerta, come richiesto dall’appellante senza, però, allegare un’adeguata documentazione giustificativa (oltre a venire in rilievo una quantificazione del danno manifestamente eccessiva) ma- a una percentuale forfettaria, determinata secondo una logica equitativa, del 20 % del prezzo indicato da Hydroarch nella offerta economica, e ciò in ragione, come detto, della minore incidenza di spese e costi per fare fronte alle prestazioni professionali rispetto a quanto si verifica nella esecuzione di lavori pubblici (cfr., per una fattispecie di liquidazione del danno -nella misura del 20 % dell’importo totale dell’appalto, diminuito del ribasso d’asta- conseguente alla mancata aggiudicazione di un incarico professionale, nell'ipotesi di annullamento della procedura in sede giurisdizionale che determini l'individuazione di un diverso concorrente quale legittimo aggiudicatario, qualora non sia possibile una reintegrazione in forma specifica, “trattandosi di materia in cui l'incidenza degli oneri e delle spese è inferiore che negli appalti di opere”, Cons. St., V, n. 1980/04. “Per incidens”, e a prescindere dalla inutilizzabilità della memoria difensiva comunale cui si è fatto cenno al p. 5.1. , preme osservare che resta assorbita, in ragione di quanto appena detto, la deduzione di inammissibilità, per violazione del divieto dello “jus novorum”, del profilo di censura con cui si evidenzia che Hydroarch aveva fornito in giudizio la prova puntuale e circostanziata del mancato utile, derivante dall’esclusione dalla gara, nella misura di circa 65.000 €).

5.3.2.-Va però aggiunto che per la giurisprudenza (v. , tra le più recenti, Cons. St. , III, n. 2850/11; ma v. anche sez. V, nn. 329/11, 8154/10 e 1666/08), la liquidazione in via forfettaria del danno va decurtata del 50% qualora il concorrente non dimostri di non aver potuto utilizzare diversamente mezzi e risorse, tenuti a disposizione in vista dell’aggiudicazione dell’appalto, per l'espletamento di altri servizi. In difetto di tale dimostrazione è infatti da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri servizi: di qui la decurtazione del risarcimento per “aliunde perceptum vel percipiendum”.

Nel caso in esame, da una parte l’appellante non ha dimostrato che per effetto dell’esclusione dalla gara non ha avuto la possibilità di impiegare in modo diverso e ugualmente remunerativo le proprie risorse professionali e organizzative; dall’altra, può ragionevolmente ritenersi che l’appellante abbia potuto attivarsi per acquisire ulteriori opportunità reddituali, in tal modo percependo, ad altro titolo, margini di utile: ne consegue che la liquidazione del danno nella misura del 20% va decurtata del 50%. Detto altrimenti, il lucro cessante va riconosciuto nella percentuale del 10% del prezzo offerto, e detta percentuale va dimezzata in ragione delle concerete possibilità di vittoria nell’appalto, in base a quanto si è osservato sopra, al p. 5.2.2. .

Il lucro cessante spetta, in definitiva, nella misura del 5% del prezzo offerto.

5.3.3.-Trattandosi di debito di valore, all’appellante spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno della stipulazione del contratto da parte della ATP dichiarata aggiudicataria fino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dalla quale, in forza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta.

Sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni fatte sopra, andranno invece computati gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo (giurisprudenza pacifica, il che esime da citazioni particolari).

 

Consiglio di Stato, sez. IV, 17 maggio 2012

Nozione di "occupazione usurpativa"

La sentenza asserisce che:

Secondo la costante e condivisibile giurisprudenza civile di legittimità, infatti, (Cassazione civile sez. I 13 gennaio 2010 n. 397) “la fattispecie qualificabile come " occupazione usurpativa ", ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, è costituita da un comportamento di fatto dell'amministrazione, ravvisabile anche per i terreni nei quali, nel corso dell'esecuzione dell'opera pubblica, si sia verificato uno sconfinamento da aree legittimamente occupate.”.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno in proposito rilevato che “la fattispecie, qualificabile come "occupazione usurpativa", ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, è costituita da un comportamento di fatto dell'amministrazione, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, che è ravvisabile anche per i terreni nei quali si sia verificato uno sconfinamento, nel corso dell'esecuzione dell'opera pubblica, da aree legittimamente occupate: essa costituisce un illecito permanente in alcun modo ricollegabile all'esercizio di poteri amministrativi, onde l'azione risarcitoria del danno che ne è conseguito rientra nella giurisdizione del g.o.” (Cassazione civile sez. un. 19 febbraio 2007 n. 3723).

 

C.d.S, Sez. V, 10 gennaio 2012

Project financing - caratteristiche dell'istituto

La vicenda riguarda un annullamento in autotutela di un project financing, tra i motivi "il Comune sostiene che il rischio di impresa, che mancherebbe nel caso di specie, costituisce elemento essenziale di una procedura di project financing con conseguente illegittimità della operazione che prevedeva, invece, a carico del comune le risorse idonee a coprire l’intero importo dei lavori". La sentenza, invece, evidenzia che:

Il project financing comporta la necessaria partecipazione finanziaria del soggetto promotore, cui può aggiungersi l’eventuale contributo pubblico; si tratta, tuttavia, di una procedura caratterizzata da un elevato tasso di elasticità, che consente di adattare il progetto alle specifiche esigenze delle parti.

Nel caso di specie, erano stati previsti oneri a carico dell’amministrazione, che si era assunta l’impegno di pagare per trenta anni i canoni di locazione a fronte delle opere di ristrutturazione e di realizzazione dell’urbanizzazione primaria affidate all’impresa; tale struttura dell’operazione non è di per sé incompatibile con l’istituto, che – si ribadisce – consente che l’utilizzo delle risorse dei soggetti proponenti sia solo parziale.

Non si può neanche sostenere che il rischio dell’impresa fosse in concreto azzerato, in quanto i calcoli del comune., oltre a includere anche l’Iva tra i ricavi dell’impresa, non tengono conto del fatto che l’impegno finanziario dell’impresa era immediato (realizzazione delle opere), mentre gli oneri posti a carico dell’amministrazione erano dilazionati in trenta anni sotto forma di pagamento del canone; tale circostanza impedisce di equiparare il valore dell’importo a carico del comune con quello posto a carico dell’impresa, trattandosi di dati comparabili solo indicizzando gli importi alla data degli esborsi.

Si può sostenere che il rischio a carico dell’impresa era contenuto, ma non certo che era annullato e il fatto che il rischio fosse ridotto non rende illegittima la procedura, che l’amministrazione ha autonomamente valutato come conveniente al momento della sua approvazione.

Nè si può sostenere che si era in presenza di una concessione di lavori pubblici, in quanto l’operazione posta in essere era più complessa rispetto alla mera esecuzione dei lavori a fronte della gestione dell’opera.

In sostanza, il rischio ridotto per l’impresa e la sussistenza di oneri a carico del soggetto pubblico sono elementi compatibili con l’istituto del project financing, che non rendono illegittimo l’utilizzo di tale procedura, ma che possono al limite essere rivalutati sotto il profilo dell’opportunità e della convenienza, come in concreto avvenuto alla luce di quanto illustrato in seguito.

 

TAR Lombardia, BS, Sez. 2, sentenza del 17-11-2011

Affidamento esterno alla P.A. dell'incarico di direzione dei lavori

La sentenza affronta la questione relativa alla procedura da seguire per gli affidamenti di incarichi professionali esterni alla P.A., evidenziando che:

Come chiarito dalla giurisprudenza, per l’affidamento di un incarico di progettazione che non superi la soglia comunitaria, trova applicazione l'art. 130 del codice dei contratti pubblici, che dispone in capo alla p.a. un ordine di priorità nell'affidamento dell'incarico di direzione dei lavori: in primo luogo ai propri dipendenti o di altra amministrazione convenzionata, poi al progettista incaricato e, soltanto in via residuale, a soggetti esterni, comunque scelti nel rispetto delle norme comunitarie (tra le tante T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 10 settembre 2010 , n. 32214).

Ne discende che laddove, come nel caso di specie, l’affidamento dell’incarico ad un professionista esterno sia avvenuta in assenza di qualsiasi valutazione alla luce della sopra richiamata disposizione, il provvedimento non può che essere considerato illegittimo.

Consiglio di Stato sez. V, 17/02/10 n. 922

LL.PP.: giustificazioni sulle voci di prezzo - esclusione dalla gara

la sentenza sopra citata riguarda una gara di lavori pubblici, durante la quale la mancata presentazione da parte di un concorrente, al momento dell’offerta, di un documento contenente le adeguate giustificazioni preventive previste dagli artt. 86, comma 5 e 87, comma 2 del Decreto Legislativo n. 163/2006, rende legittima l’esclusione del medesimo alla gara quando le clausole del bando, complessivamente e sistematicamente interpretate, impongono alle imprese partecipanti l’obbligo di fornire giustificazioni sulle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo che è stato individuato come base di gara.

La ratio della clausola del bando che prescrive i concorrenti di fornire, a pena di esclusione, le giustificazioni preventive dell’offerta da essi presentata, è da individuarsi nella duplice esigenza di assicurare un’adeguata ponderazione dell’offerta medesima da parte degli operatori economici che prendono parte alla gara e di consentire alla stazione appaltante un celere e puntuale controllo di congruità delle offerte anomale.

Avv. Piefrancesco Zen

Cassazione Civile, SS.UU., ord. 10 febbraio 2010

Sorte del contratto pubblico

L'importantanza dell'ordinanza in commento della  Cassazione Civile, sezioni unite, 10 febbraio 2010, n. 2906, sta nel fatto che non ci sono provvedimenti conformi in materia mentre vi è più di un provvedimento difforme della stessa Cassazione (ad esempio, Cassazione Sez. un. 28 dicembre 2007, n. 27169; Consiglio di Stato ad. plen. 30 luglio 2008, n. 9 ecc.)

avv. Pierfrancesco Zen

Suprema Corte di Cassazione - seconda sezione civile 20995/09

Appalto: obbligazioni accessorie nelle responsabilità appaltatore

Dalla sentenza del 30 settembre u.s. emerge che l'appaltatore si assume a proprio rischio non solo l'obbligazione principale (realizzare l'opera a regola d'arte e conformemente al progetto e al contratto d'appalto) bensì anche ogni obbligazione accessoria quale quella di "adeguata custodia" che si determina con la consegna, al punto che risponde dei danni in caso di furto nel cantiere edilizio salvo che non "dimostri di avere adottato tutte le precauzioni che le circostanze suggerivano, senza che possa rilevare l’avvenuta cessazione del rapporto principale di appalto, atteso che l’obbligo di custodia è correlato alla detenzione dei beni affidati all’appaltatore e non all’attualità del rapporto di appalto, al quale esso sopravvive." - fonte: sito Cassazione

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