Legge Regionale Veneto 8-7-2009 n. 14: Piano casa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma la DIA prevista dall'art. 6 è obbligatoria? -
di romolo balasso architetto

Alcuni comuni, da come ci viene comunicato, respingono le istanze di permesso di costruire avente ad oggetto gli interventi straordinari (art. 2 e art. 3) relativi alla prima casa di abitazione riportando nella motivazione "in quanto deve essere adottato il procedimento della denuncia di inizio attività previsto dall'articolo 6 della legge regionale n. 14/2009".

La domanda è d'obbligo: è legittimo un simile diniego? il procedimento della DIA è dunque un requisito legittimante l'intervento straordinario?

Come noto il secondo comma dell'articolo 6 stabilisce che "Gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono sottoposti a denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi degli articoli 22 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e successive modifiche e integrazioni. "

Effettivamente quel "sono sottoposti a denuncia di inizio attività" sembra non lasciare adito a dubbi, vieppiù che non ci sono altre disposizioni che ne dichiari la facoltatività.

Appare ragionevole presumere, però, che la subordinazione al regime della DIA non sia da ritenere una conditio sine qua non per l'ammissibilità degli interventi al pari delle altre disposizioni cui risultano subordinati gli interventi stessi, per cui non sembra legittimarsi un diniego motivato in ordine al procedimento adottato dall'istante.

Sul punto occorre inoltre osservare:

1) la motivazione di non accoglimento perchè si deve adire alla DIA in luogo del permesso di costruire non sembra proprio una motivazione di illegittimità e/o di non conformità degli interventi oggetto di richiesta.

Come noto gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio devono risultare conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, in quanto in quelle sedi vengono soddisfatti gli interessi pubblici con riguardo al bene oggetto della relativa tutela: il territorio (ved. Cass. Pen. SS.UU. sentenza 11635/1993 - Borgia).

2) di conseguenza il titolo abilitativo, a prescindere dal nomen iuris, non può essere inteso come parametro di legalità dell'intervento perché non descrive normativamente alcun statuto urbanistico-edilizio di tutela del territorio e, quindi, alcun parametro di conformità urbanistico-edilizia.

Tale titolo, infatti, si caratterizza in concreto in un provvedimento amministrativo, in esito finale di un procedimento partecipato, che rimuove il limite legale posto ex-ante l'esercizio dell'attività privata.

La diversa natura giuridica e procedimentale dei vari titoli abilitativi contemplati nell'ordinamento giuridico, dunque, non essendo un parametro di conformità urbanistico-edilizia richiesto per il loro rilascio e/o efficacia, non può ragionevolmente essere adotto come motivo ostativo alla domanda.

3) la disposizione dell'art. 6 della L.R. 14/2009, richiamata all'inizio, fa esplicito riferimento all'art. 22 del testo unico edilizia, articolo avente forza di legge (non ha il c.d. carattere cedevole alla legislazione concorrente delle regioni come nel caso dell'art. 23), articolo che riconosce alcune facoltà alle regioni (cfr. il comma 4), fermo restando il rispetto dei principi fondamentali e generali espressi nel testo unico nel suo complesso e, per quanto di specifico interesse, nello stesso articolo 22.

Sul punto sembra pacifico il principio secondo il quale la DIA rappresenta, per le opere subordinate al regime del permesso di costruire (tra cui le nuove costruzioni quali si qualificano gli ampliamenti all'esterno della sagoma dell'edificio esistente), una alternativa facoltativa (così recita testualmente il comma 3 dell'art. 22 TUED: “In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività...”.

Le regioni, per espressa previsione legislativa del citato comma 4, possono “soltanto” ridurre o ampliare l'ambito applicato della DIA di cui ai commi 1, 2 e 3, e non anche il regime proprio degli interventi; in altri termini le regioni non sembrano legittimate a creare una ulteriore fattispecie di DIA rispetto a quelle contemplate nei predetti commi in ragione alla qualificazione tecnico-giuridica degli interventi (ved. art. 10, art. 6, e art. 22, commi 1 e 2 – n.b.: i commi esordiscono con un “sono realizzabili” e non con un “sono realizzati”), pena un contrasto della legislazione concorrente con i principi fondamentali e generali (che sono inderogabili).

Del resto il testo legislativo regionale non manca di imprecisioni lessicali, proprio anche nell'art. 6 in questione.

 

data documento:
27-08-2009
file: testo di legge
fonte: