Conformità civilistiche dei progetti e degli interventi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I diritti dei terzi
di romolo balasso architetto

Risulta pacifico che ogni intervento edilizio debba risultare conforme sia alla disciplina urbanistico-edilizia che ad ogni altra disciplina avente incidenza sull'esercizio di tali interventi.

Tra le varie discipline "incidenti" il professionista deve considerare anche quella "civilistica", ossia quella relativa ai c.d. diritti dei terzi che, come noto, non è rappresentata nel titolo abilitativo edilizio eventualmente rilasciato.

Infatti l'articolo 11 comma 3 del testo unico edilizia (ed ancor prima una consolidata giurisprudenza) afferma che "il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi".

Quale significato può assumere, in concreto, una simile disposizione? E all'occorrenza chi sono questi "terzi"? E quali i loro "diritti" che possono trovare tutela giurisdizionale?

Sono domande complesse e delicate alle quali è difficile rispondere; ciò non toglie la possibilità di iniziare a svolgere delle riflessioni in merito.

A mio parere l'espressione citata, riferita all'ultimo comma dell'art. 11 del testo unico edilizia, può avere due significati pratici:

  • uno che definirei "connesso" con il titolo abilitativo edilizio;
  • l'altro, invece, che potrebbe essere definito "esterno" al titolo stesso.

Nel primo caso ritengo ricomprendere tutti gli interessi legittimi che potrebbero essere lesi con l'esercizio dell'intervento permesso e che conferiscono al "titolare" l'interesse processuale ad impugnare il provvedimento in sede giurisdizionale (amministrativa). Nell'ambito dei beni paesaggistici sussiste l'interesse anche per le associazioni portatrici di interessi diffusi (cfr. art. 146, comma 12, del Codice di cui al d.lgs. 42/2004).

Nel secondo caso, invece, ricomprenderei tutti i diritti "civilistici" che potrebbero essere lesi con un intervento legittimo sotto il profilo urbanistico-edilizio, paesaggistico, ambientale, ecc...

In effetti l'intervento edilizio e/o urbansitico ancorchè legittimo sotto altri profili, corrispondenti agli interessi pubblici e/o di rilevanza generale tutelati nell'ordinamento, potrebbero risultare illegittimi per la lesione di situazioni giuridiche di natura civilista, in particolare quelle reali.

Si tratta di posizioni giuridiche private tutelate in quanto riconducibili ai diritti soggettivi (facultas agendi), i quali possono inficiare la progettazione e la realizzazione dell'intervento.

Infatti è noto che nel nostro codice civile i diritti reali di godimento su cosa altrui (iura in re aliena), soprattutto quelli minori (rispetto al diritto di proprietà di cui all'art. 832 del C.C. - Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.), trovano una disciplina generale e, quindi, occorre riferirsi alle espressioni giurisprudenziali (in sede ordinaria, la c.d. G.O.), le quali, nella ben nota caratterizzazione del civil law, costituiscono un ginepraio dal quale è difficile districarsi.

In via non esaustiva, ritengo opportuno far presente ai colleghi tecnici, che i diritti reali di godimento sulla cosa altrui (cfr. definizione di bene all'art. 810 del C.C. - Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti), sono i seguenti:

  • diritto di enfiteusi
  • diritto reale di superficie
  • diritto di usufrutto
  • diritto di uso
  • diritto di abitazione
  • servitù (prediali).

Queste ultime, come noto, sono disciplinate dall'art. 1027 del codice civile (La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario), e vengono generalmente classificate in:

  • apparenti e non apparenti;
  • continue e discontinue;
  • attive o passive;
  • temporanee o permanenti;
  • volontarie o coattive;
  • tipiche o atipiche.

Note sono le servitù di passaggio, quelle di veduta (che determinano anche obblighi di distanza - cfr. art. 907). Pacifico evidenziare che talune attività edilizie possono ledere diritti esistenti, apportare degli aggravi, oppure costituirne di nuovi.

Appare ragionevole concludere questa breve riflessione con una raccomandazione ai progettisti ed ai direttori dei lavori: considerare che potrebbero esistere delle "limitazioni civilistiche", quindi la relativa considerazione; si tratta di una prudenza che dovrebbe trovare accoglimento nel disciplinare d'incarico adottando opportune forme cautelative nel rapporto contrattuale professionista/committente.

Con riserva di ulteriore approfondimento anche in modifica di quanto commentato.

data documento:
8-11-2010
file:
fonte:
Tecnojus