TAR Veneto, sezione 2, sentenza 15 dicembre 2010, n. 6484

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Area privata gravata da servitù di uso pubblico - per la sussistenza necessari tre requisiti
di romolo balasso architetto

Oggetto del giudizio è l'impugnazione di un provvedimento amministrativo comunale che nega la sanatoria relativa alla collocazione di una sbarra di chiusura della strada di accesso al mare dalla via pubblica, assunto sul presupposto che sussista un uso pubblico della strada medesima.

E, segnatamente, il diniego impugnato si fonda sulla nota comunale che esprime parere negativo alla concessione della sanatoria poiché il terzo accesso al mare è da considerarsi strada di uso pubblico.

Nella specie si tratta dunque di verificare se sussista un presupposto del provvedimento assunto dal Comune, e precisamente l'esistenza dell' uso pubblico della strada in questione.

Secondo la prospettazione della ricorrente una strada non può diventare pubblica o di uso pubblico solo perché aperta al pubblico transito o perché il proprietario tollera il passaggio pubblico, essendo sempre necessario un previo atto di destinazione della P.A. o del proprietario.

Inoltre la sbarra di chiusura della strada di accesso non si può qualificare come costruzione.

Il TAR del Veneto, si è così espresso:

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, affinché su un'area possa dirsi costituita una servitù di uso pubblico devono sussistere tre requisiti:

a) il passaggio esercitato "iure servitutis pubblicae" da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza a una comunità territoriale;

b) la concreta idoneità dell'area a soddisfare esigenze di interesse generale;

c) un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 24.10.2000 n. 5692; Tar Campania, Salerno, II, 7.6.2010, n. 8539; TAR Lombardia, Brescia, 20.12.2005 n. 1365).

4.1. Tale ultimo requisito può identificarsi nell'acquisto per usucapione per decorso del termine ventennale ovvero nella protrazione dell' uso stesso da tempo immemorabile, la quale tuttavia deve essere rigorosamente dimostrata. È cioè necessaria la prova specifica di un effettivo e pacifico uso della strada da parte della generalità dei cittadini e dell'acquiescenza del proprietario, non essendo sufficiente che le singole utilizzazioni dedotte a prova dell'esistenza della servitù si risolvano in sporadici episodi svoltisi in maniera discontinua e per tolleranza del legittimo proprietario (Cass. Civ., II, 9.12.1989 n. 5452).

4.2. Nel caso di specie il Comune resistente si è limitato a fondare il proprio provvedimento sulla nota del Patrimonio del 25.5.1995 la quale afferma, senza fornire alcuna spiegazione né allegare alcuna documentazione, che il terzo accesso al mare di via Dante è da considerarsi strada di uso pubblico.

4.3 Orbene tale affermazione, in assenza di qualsiasi ulteriore chiarimento ovvero riferimento a documenti e atti dai quali desumere l’uso pubblico della strada, non è sufficiente a fondare il diniego impugnato.

4.4. Né, infine, è sostenibile che nel caso di specie la servitù sia stata costituita per "dicatio ad patriam". Infatti, la costituzione di una servitù di uso pubblico mediante dicatio ad patriam postula un comportamento del proprietario univocamente rivolto, con carattere di continuità e non di precarietà e tolleranza, a porre a disposizione del pubblico una cosa propria oggettivamente idonea al soddisfacimento di un'esigenza comune a una collettività. Orbene tale intento è da escludersi nel caso di specie atteso che la ricorrente ha esclusivamente tollerato il passaggio di alcuni bagnanti e turisti per recarsi al mare durante la stagione estiva, senza alcuna volontà di destinare la strada de qua ad un uso pubblico (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, I, 1.12.2004, n. 2177; Cons. Stato, Sez. V, 28.6.2004, n. 4778).

data documento:
20-12-2010
file: sentenza

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