TAR Veneto, sezione 2, sentenza 1 luglio 2011, n. 1113

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le modalità esecutive degli interventi edilizi e loro rilevanza in senso urbanistico e in senso paesaggistico
di romolo balasso architetto

La sentenza in commento, tra i vari profili meritevoli di approfondimento, offre lo spunto per analizzare il rapporto tra valutazioni di natura urbanistico-edilizia e valutazioni di natura paesaggistica, sia in sede valutazione preventiva degli interventi richiesti che in sede di valutazione "postuma" (di compatibilità paesaggistica per "varianti" apportate in "corso d'opera" e/o per "abusi" sia urbanistico-edilizi che paesaggistici).

Tale approfondimento diventa maggiormente opportuno anche per il fatto che, solitamente, l'autorizzazione paesaggistica viene rilasciata sulla scorta dei medesimi elaborati progettuali a corredo della pratica edilizia e con la "sola" aggiunta della relazione paesaggistica (dpcm 12.12.2005).

Con la sentenza in oggetto, peraltro molto complessa e comprendente diversi profili, il TAR:

ha ritenuto non perseguibile la procedura di accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 167 del d.lgs. 42/2004 per un intervento esecutivo che, diversamente dalle previsioni progettuali originarie (contenute verosimilmente negli stessi elaborati grafici a corredo della pratica sia edilizia-urbanistica che paesaggistica), non ha conservato le murature perimetrali preesistenti, provvedendo, di fatto, all'integrale demolizione ricostruzione dell'edificio, non assentita dalle normative comunali.

Nel presupposto che:

"In generale, il vincolo paesaggistico è destinato a vietare ogni trasformazione del territorio tutelato, senza una preventiva autorizzatione dell'autorità a ciò preposta. Ora, non vi può essere dubbio che, del territorio vincolato appartengono anche le costruzioni in questo erette, nello stato in cui esse si presentano, inclusi i materiali che le costituiscono"

il TAR, nel respingere il ricorso (sotto il profilo in esame), conclude asserendo che:

"La demolizione delle pareti e la loro ricostruzione, a prescindere dalla fedeltà di questa, sono in evidente contrasto con il progetto originario, ed in difformità con l'autorizzazione ambientale (rectius: paesaggistica) che era stata rilasciata per lo stesso.

La ricostruzione ha dunque condotto alla realizzazione di volumi non autorizzati preventivamente: sicchè legittimo è stato il diniego qui impugnato, in relazione alle censure esaminate".

Sono del parere che la motivazione suddetta sia più di tipo urbanistico-edilizia e non propriamente paesaggistica, ovvero "mischi" due valutazioni che, come noto, devono essere (per legge) autonome e diversificate, ancorchè intrecciate, perchè differenti sono gli interessi in tutela nei due ambiti di riferimento (per l'appunto quello urbanistico-edilizio e quello paesaggistico).

Appare altresì che con tale asserzione (laddove si riferisce a "volumi non autorizzati preventivamente") il TAR abbia in qualche modo "rovesciato" il principio stabilito dall'art. 146, comma 4, del Codice "Urbani": è l'autorizzazione paesaggistica ad essere atto autonomo e presupposto rispetto al titolo abilitativo legittimante l'intervento urbanistico-edilizio.

Il Codice (d.lgs. 42/2004) appare molto chiaro nel definire i termini in "gioco" nella materia paesaggistica, definendo il contenuto della tutela paesaggistica, l'autonomia di tale tutela al punto da richiedere la "differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia".

Gli elementi da considerare ai fini paesaggistici sono dunque (ragionevolmente) diversi da quelli urbanistico-edilizi, come differenti sono le valutazioni (anche autoritative) degli interventi:

in campo urbanistico-edilizio la valutazione è di accertamento della conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della normativa urbanistico-edilizia vigente;

in campo paesaggistico le valutazioni sono di accertamento della conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici e la compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso.

Consegue che, come succede sovente, un intervento conforme sotto il profilo urbanistico-edilizio, potrebbe risultare non compatibile sotto il profilo paesaggistico, e così potrebbe essere anche viceversa: un intervento compatibile paesaggisticamente potrebbe non essere assentibile dal punto di vista urbanistico-edilizio.

Ciò che conta evidenziare, però, è il fatto che la tutela paesaggistica si connota sotto il profilo "espressivo", di "visibilità", "estetico" in riferimento allo stato dei luoghi e all'aspetto esteriore degli edifici.

In ambito paesaggistico, pertanto, la particolare tutela, essendo incentrata su aspetti "morfologici" complessivi ed esteriori (es. articolazioni planovolumetriche, caratterizzazione delle finiture esterne - materiali, colori, ... -, caratterizzazione delle forometrie - dimensioni, partiture, rapporto vuoto/pieno, ecc...), comporta necessariamente un significato altrettanto "particolare" o "peculiare" degli elementi identificati come "volumi" o "superfici utili" o "materiali".

Il fatto che un edificio sia stato demolito e ricostruito, almeno sotto il profilo paesaggistico, non sembra aver determinato la creazione di un nuovo volume, come potrebbe essere in ambito urbanistico-edilizio (più propriamente nell'accezione di "nuova costruzione"), a condizione che, di fatto, si conservi (garantisca) la sagoma e la volumetria nella loro accezione paesaggistica di involucro morfologico-figurativo.

Ben dice il TAR che "del territorio vincolato appartengono anche le costruzioni in questo erette, nello stato in cui queste si presentano", che potrebbero essere compatibili o incompatibili (e quindi da riqualificare - cfr. definizione di valorizzazione data dall'art. 6 del d.lgs. 42/04); di diverso avviso, invece, si può essere relativamente all'inciso "inclusi i materiali che le costituiscono", qualora il carattere costitutivo invocato fosse da riferire alla natura compositiva dei paramenti non visibili (quali la muratura "nascosta" dall'intonaco o da altri rivestimenti).

Sotto il profilo paesaggistico, si è del parere che poco importa che una muratura sia costituita da pietra o mattone qualora il risultato figurativo e morfologico sia il suo rivestimento ovvero l'intonaco, in ragion del fatto che l'aspetto esteriore in tutela è dato/conferito non dal materiale costitutivo la muratura bensì dal materiale costitutivo della sua finitura (l'intonaco per l'appunto) sia in termini morfologici (grana, ...) che figurativi (eventuale colore sovrapposto).

Diversamente l'aspetto costitutivo assume rilievo laddove la tutela fosse relativa al bene culturale (di cui alla parte II del Codice), da riferire alla testimonianza di una specifica cultura materiale costruttiva oltre che figurativa.

Si deve concludere evidenziando che in ambito di tutela paesaggistica occorre dare attenzione a quella parte della documentazione a corredo del progetto che è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato (così art. 146, comma 3).

data documento:
14-07-2011
file: sentenza

fonte: