TAR Piemonte, sezione 1, sentenza 14 gennaio 2011, n. 31

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riporti di terreno - qualificazione dell'intervento - distanze
di romolo balasso architetto

 

Il caso esaminato riguarda la realizzazione di parcheggi privati in deroga ai sensi dell'art. 9 della legge n. 122/89 (Tognoli), laddove detti parcheggi risultano realizzati nel "sottosuolo di aree pertinenziali esterne agli immobili di riferimento" in seguito ad un “interramento ... artificialmente realizzato per effetto di riporto di terra al di sopra del piano naturale di campagna fino ad 1 metro" in quanto le norme tecniche di attuazione consentono una sistemazione esterna con "un riporto massimo dello spessore di 1mt. rispetto alle quote di terreno interessate dall’intervento" tanto che definiscono seminterrato "la porzione di fabbricato parzialmente emergente dal suolo dopo la sua sistemazione" per riporto. In altri termini "secondo il piano regolatore tanto il computo delle altezze che quello delle volumetrie che la definizione di seminterrato espressamente contemplano il caso in cui il piano di campagna sia stato oggetto di sistemazione tramite riporto".

Per il TAR:

Nel caso di specie è pacifico che le autorimesse in progetto sono previste non nel sottosuolo dell’edificio né nei suoi locali a piano terreno, bensì in area al medesimo pertinenziale.

La richiamata normativa consente dunque la realizzazione di autorimesse nelle aree pertinenziali, purchè esse si collochino nel “sottosuolo” delle medesime.

E’ certamente vero che le norme e le definizioni del PRG devono essere lette complessivamente e secondo un disegno interno coerente; è tuttavia ugualmente vero che le “deroghe” di favore che esse consentono devono essere applicate in ragione della specifica funzione che le giustifica e non certo essere distorte rispetto a tali fini legittimanti.

la norma che consente la “sistemazione” della superficie naturale del terreno troverà applicazione nei limiti in cui essa sarà funzionale appunto a “sistemare” il piano naturale di campagna, ossia a renderlo continuo e raccordarlo armonicamente con le aree circostanti, si dà rendere agevole l’edificazione in superficie. Nel caso di specie, come si evince anche dal progetto in atti, l’innalzamento del piano di campagna ha invece tutt’altro fine, ossia proprio quello di consentire di costruire nel sottosuolo in deroga alle distanze legali; esso per di più non crea un “raccordo armonico” con l’area circostante bensì rende necessaria l’edificazione di un muro di sostegno proprio per sostenere il “terrapieno”, che così si viene a creare rispetto alla naturale continuità del piano di campagna.

E’ chiaro che là dove il P.R.G consente “sistemazioni”, con connesso innalzamento artificiale del piano naturale facendo poi riferimento al livello artificiale per misurare altezze e volumetrie e per individuare strutture seminterrate ed interrate, esso presuppone che dapprima, ed a prescindere dalle eventuali strutture interrate, occorra una sistemazione per creare un armonico piano di superficie da utilizzare per l’edificazione; solo in conseguenza della autonoma “giustificazione” del riporto, per quanto concerne la realizzazione di una superficie continua, potrebbe poi porsi la questione di utilizzare tale nuovo piano per individuare anche ciò che è interrato e ciò che non lo è.

Nel caso di specie la controinteressata pretende per contro di effettuare l’operazione inversa per cui dapprima realizza una struttura parzialmente interrata, quindi, per coprirla, crea un artificiale terrapieno in superficie che comporta non una continuità del nuovo piano di campagna ai fini del suo raccordo con quello del vicino bensì proprio una discontinuità del medesimo, con la necessità di realizzare un muro di sostegno di tale “riporto”.

In caso analogo si legge ad esempio in C. Sez. IV n. 2579/2009 (ove si affronta la questione del computo delle altezze e volumetrie dopo la “sistemazione” del terreno consentito del P.R.G a partire dal nuovo piano artificialmente venutosi a creare): “Non è chi non veda l'erroneità di una tale interpretazione, la quale fa derivare la quota del piano di campagna dalle scelte progettuali e non - come invece logico e naturale - dallo stato di fatto del terreno. Una tale tesi tende a dare un'interpretazione capziosa della nozione di "opere di sistemazione" del terreno, che sono non tutte quelle scelte dal progettista, ma quegli interventi di minima entità necessari a conformare il terreno alla futura attività edilizia (dissodamento, livellamento e interventi analoghi) ma non certo ad alterarne la caratteristiche naturali. A seguire tale tesi si perverrebbe alla conclusone assurda che lo stacco dell'edificio dal terreno non sia ancorato a dati certi ed obiettivi, ma a scelte arbitrarie ed insindacabili del proprietario dell'immobile.” Prosegue il giudice d’appello: “In conclusione, un innalzamento di quasi un metro della quota naturale del terreno, tanto più ove finalizzato a realizzare un vano seminterrato, non può considerarsi lavoro o opera di sistemazione, determinando esso un'alterazione tanto significativa dello stato dei luoghi da avere comportato la creazione di un muro di sostegno del terrapieno che è risultato dai lavori.”

Cita al proposito un risalente precedente (C. Stato n. 1007/1995) sul punto isolato; per altro, come evidenziato dalla ricorrente, la suddetta pronuncia riteneva la legittimità dell’autorimessa in contestazione sulla scorta della specifica disciplina urbanistica dettata dal P.R.G. applicabile nel caso affrontato. Già si è verificato che nel caso di specie la previsione di piano regolatore che legittima, in determinati casi e presupposti, un innalzamento del piano di campagna ai fini del computo anche di cosa è definibile interrato o meno, non legittima l’operazione compiuta da parte contro interessata. Resta, nella invocata pronuncia del 1995, una affermazione di possibile interpretazione estensiva del concetto di costruzione interrata dettata dall’art. 9 della l. 122/1989 e ivi ritenuta riferibile anche al “seminterrato”; l’assunto pare isolato e non si ritiene condivisibile.

Il dettato normativo è letteralmente chiaro ed univoco e, proprio perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione estensiva. Così chiariscono che le autorimesse in questione devono essere realizzate interamente nel sottosuolo C. sez. IV 1070/2009 e C. sez. V 1662/94 poiché complessivamente la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato evidenzia come la legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee che come tali non alterano lo stato esterno dei luoghi.

 

data documento:
20-01-2011
file: sentenza

fonte: