TAR Lombardia, Brescia, sez. 1 - TAR Piemonte, sez. 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualificazione tecnico-giuridica degli interventi: pergolato, berceau, gazebo, dehor ... pompeiana ... regimi giuridici
di romolo balasso architetto

Il testo unico edilizia (DPR 380/01), prevede che il responsabile del procedimento corredi la propria formulazione di proposta di provvedimento, relativamente alla domanda di permesso di costruire, con la qualificazione tecnico giuridica dell'intervento richiesto.

In altri termini l'intervento "domandato" deve essere ricondotto ad una fattispecie "giuridica" definita dal testo unico edilizia, definizioni che, come noto, prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, nell'evidente motivo che determinano il regime giuridico di subordinazione.

Si tratta di un'operazione tutt'altro che semplice, in ragione di due aspetti:

  • da un lato perchè le stesse definizioni normative, determinanti la fattispecie A cui deve essere ricondotto il fatto B (e cioè l'intervento unitarimente considerato), fanno riferimento ad "elementi" (fatti) che, a loro volta, rappresentano delle ulteriori fattispecie (ad esempio "gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria", oppure "gli interventi pertinenziali", ecc..);
  • dall'altro lato perchè la fattispecie giuridica di riferimento (per sua natura astratta) contiene anche terminologie corrispondenti a "concetti" (o "nozioni") complessi sia sotto il profilo tecnico che giuridico (e spesso controversi tanto in giurisprudenza che in dottrina), quali ad esempio il concetto di "sagoma", di "organismo edilizio", di "manufatto", dello stesso concetto di "costruzione" o di "trasformazione" e via elencando.

A questa complessità, che potremo definire "sostanziale", si deve affiancare, verosimilmente, anche quella "formale", intendendo come tale la differente terminologia utilizzata per riferirsi ad un intervento, quali quelle oggetto del presente commento.

Il fatto che di alcune "definizioni" se ne occupi la Giustizia Amministrativa, potrebbe essere ritenuto un ausilio alla qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento proposto e da valutare.

Le sentenze in evidenza sono orientate a qualificare alcuni interventi con riferimento al regime sanzionatorio, segnatamente alla legittimità di ordinarne la demolizione in luogo della sanzione amministrativa (secondo il regime del previgente art. 7 legge 47/85)

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sentenza 17-11-2010, n. 4638

9.1 Il berceau è definibile come un’opera edilizia consistente in un pergolato (solitamente in legno) coperto da piante rampicanti. L’aspetto caratteristico risiede nella mancanza di pareti e di una copertura impermeabile, in quanto si tratta di una struttura leggera nella quale deve essere garantito un rapporto di continuità con lo spazio esterno. Il filtro rispetto agli agenti atmosferici è costituito dalle foglie e dalle travi che forniscono appoggio ai rampicanti. È evidente che la maggiore o minore concentrazione di travi di sostegno e la maggiore o minore distanza tra le stesse sono fattori decisivi per stabilire se l’opera appartiene alla tipologia del berceau o ad altre categorie edilizie, come ad esempio i portici.

9.6 L’elemento che discrimina è però la separazione tra le assi. Il fatto che siano distanziate esclude la presenza di una copertura integrale assimilabile a un solaio. Il Comune avrebbe potuto concentrare la propria attenzione sulla misura della distanza tra le singole assi e contestare l’aspetto finale dell’opera dopo aver effettuato un’analisi critica delle concrete modalità di realizzazione dell’assito. Invece l’amministrazione ha espresso soltanto una valutazione sintetica basata su una lettura non adeguata dell’autorizzazione del 1992 (escludendo persino che la stessa prevedesse una qualche forma di copertura - v. sopra al punto 3) e su un’apodittica equiparazione del berceau modificato a un portico (v. sopra al punto 5).

dalla definizione sembrerebbe che il berceau coincida con la nozione di pergolato, altrimenti definito, in alcune realtà, come "pompeiana". Si noterà che nella definizione giurisprudenziale manca qualsiasi riferimento "funzionale" del manufatto.

TAR Piemonte, sez. 1, sentenza 19-11-2010, n. 4153

La sentenza riguarda l'ordine di "demolire un dehors chiuso su tre lati e coperto da lamiera grecata, accessivo all’esercizio di ristorante - pizzeria". Dalla sentenza si evince, indirettamente, la definizione dell'intervento anche con riferimento alla destinazione d'uso dello stesso e la relativa qualificazione tecnico-giuridica: locale coperto e chiuso ai lati, accessivo all'esercizio pubblico (bar, ristorante, ecc..) non costituente nuova costruzione. Sul punto occorre ricordare che diversi comuni sono dotati di specifico regolamento in materia (cfr., ad esempio, quello del Comune di Torino). Il fatto che non costituisca "nuova costruzione" si evince dal seguente punto del dispositivo:

3.1. Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti si dolgono che pur avendo il provvedimento qualificato le opere oggetto dell’ordine di demolizione con esso impartito come carenti di autorizzazione, sia stata tuttavia ingiunta la demolizione, che l’art. 7 della L. n. 47/1985 contempla per l’istituto della concessione edilizia. E ciò senza indicarne le ragioni poiché nessun cenno è contenuto nell’atto alla regolarità della situazione del dehor in rapporto all’utilizzo del suolo pubblico.

3.2. La censura è fondata. La Sezione ha più volte precisato e recentemente ribadito come costituisca regola pietrificata, scaturente dal tenore e dal disposto dell’art. 7 (e in particolare dal comma 3) dell’abrogata L. n. 47/85 quella secondo la quale le opere assoggettate al titolo edilizio della autorizzazione non possono formare oggetto di sanzione reale demolitoria ma unicamente di sanzione pecuniaria.

Nel caso all’esame il provvedimento stesso motiva l’irrogazione della sanzione sul rilievo che le opere de quibus sono state realizzate in assenza di autorizzazione, richiamandosi del resto “l’art. 56 lett. c. della vigente L.R. n. 56/77 (…) che stabilisce l’obbligo dell’autorizzazione per le opere oggetto della presente” (Ordinanza impugnata, ult. capoverso della motivazione).

Ne consegue l’illegittimità dell’irrogazione della sanzione demolitoria relativamente ad un abuso consistente nell’avvenuta realizzazione di opere assoggettata alla mera autorizzazione e non alla concessione edilizia.

La circostanza che il manufatto insista su suolo pubblico e che come attesta la nota del Sindaco in data 30.6.2004 prodotta al doc 1 della documentazione versata in ottemperanza all’ordinanza istruttoria, “non risulta alcuna documentazione relativa a concessioni di utilizzazione di suolo pubblico in capo ai danti causa dei ricorrenti”, non conferisce legittimità all’ordinanza impugnata, posto che la stessa non ha motivato in ordine alla necessità di tutelare il demanio stradale comunale. Invero, come esattamente rilevano i ricorrenti, nessun cenno è contenuto nell’atto alla regolarità della situazione del dehor in rapporto all’utilizzo del suolo pubblico.

3.3. Rimarca sul punto il Collegio come la tutela del suolo pubblico e del demanio comunale non possa essere perseguita utilizzando sic et simpliciter istituti e procedimenti di natura edilizia ma agendo – oltre che esigendo la prevista tassa o canone per l’occupazione di suolo pubblico - nell’esercizio dei poteri di autotutela esecutiva intesi e spiegati espressamente alla salvaguardia dell’integrità demanio comunale. Poteri che non risultano essere stati esercitati con il provvedimento impugnato.

TAR Piemonte, sez. 1, sentenza 19-11-2010, n. 4158

Anche questa sentenza consente di ricavare indirettamente la nozione tecnico giuridica di gazebo:

E’ controversa, nel presente giudizio, la legittimità dell’ordinanza n. 65 del 28 gennaio 1993, con cui il Sindaco di Piossasco ha disposto la rimozione, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 47/1985, di un manufatto abusivamente realizzato sul fondo di proprietà della ricorrente, così descritto: “gazebo avente struttura costituita da n. 4 pali in legno, aperta sui quattro lati, con copertura in tegole.

La ricorrente sostiene, con il primo motivo di gravame, che l’opera in questione non avrebbe richiesto il rilascio di concessione edilizia, trattandosi di struttura aperta, di modeste dimensioni e non stabilmente infissa al suolo.

... la censura è fondata e meritevole di accoglimento, poiché il manufatto di cui si controverte, semplicemente costituito da quattro colonne con sovrastante copertura, non configura un volume edilizio, essendo aperto su tutti i lati.

Esso, inoltre, presenta caratteristiche costruttive non impattanti (sia le colonne sia la copertura sono in legno) e dimensioni contenute (mt. 3,90 x 3,90 e altezza di mt. 2,35).

In considerazione di tali caratteristiche, detto manufatto può essere considerato, come ulteriormente dedotto da parte ricorrente, una pertinenza dei latistanti fabbricati di civile abitazione, come tale soggetto, con riferimento alla normativa vigente ratione temporis, al rilascio di autorizzazione edilizia ex art. 56, comma 1, lett. g), della l.r. Piemonte n. 56/1977, la cui mancanza non poteva costituire presupposto per l’adozione del provvedimento demolitorio previsto dall’art. 7 della legge n. 47/1985.

data documento:
27-11-2010
file: sentenza
fonte: