Cass. Pen., sez. III, sentenza 31 maggio 2011, n. 21780

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DURC e titolo abilitativo edilizio - connessione - effetti penali di cui all'art. 44 lett. a) d.p.r. 380/2001 - non sussistono
di romolo balasso architetto

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte cassa una sentenza di primo grado (Tribunale Monocratico) che affermava la responsabilità penale ai sensi dell'art. 44, lett. a) del testo unico edilizia, per aver omesso/ritardato di presentare il DURC nelle due fasi previste dalla legge regionale (nel caso, quella Toscana).

La sentenza, nell'argomentare la propria motivazione, svolge un interessante excursus sugli elementi fondanti la responsabilità penale in materia edilizia-urbanistica di cui all'articolo 44 del testo unico edilizia (d.p.r. n. 380/2001), precisando il rapporto tra legislazione nazionale e legislazione regionale, nonchè la natura (giuridica) del DURC.

I Giudici Penali osservano:

  • L'art. 44, 1° comma - lett. a), del DPR. n. 380/2001 sanziona attualmente "l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire".

  • Tale fattispecie penale trova i propri precedenti normativi nell'art. 20, lett. a), della legge n. 47/1985 e nell'art. 41, lett. a), della legge n. 1150/1942 e le Sezioni Unite di questa Corte - con la sentenza 12.11.1993, Borgia, riferita alla previsione della legge n. 47/1985 -hanno posto in rilievo che, nell'ambito dell'organico quadro della disciplina urbanistica posta dalla legge n. 1150 del 1942, "appariva evidente che l'oggetto della tutela penale s'identificasse nel bene strumentale del controllo della disciplina degli usi del territorio".

  • Dopo l'entrata in vigore della legge n. 765/1967 (introduttiva, tra l'altro, degli standard urbanistici e della salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio) e della legge di tutela paesaggistica n. 431/1985, però, "l'urbanistica non può farsi solo consistere nella disciplina dell'attività edilizia, dovendosi la relativa nozione estendere alla disciplina degli usi del territorio in senso sociale, economico e culturale, ivi compresa la valorizzazione delle risorse ambientali, nonché alle relazioni che devono instaurarsi tra gli elementi del territorio e non soltanto dell'abitato" (concetto riaffermato da Cass., sez. Ili, 10.6.1997, n. 5514).

  • Nel contesto dell'art. 20 della legge n. 47/1985, le Sezioni Unite hanno ravvisato "una gradualità crescente delle pene edittali in rapporto al grado di lesione dell'interesse tutelato", rilevando in particolare che "la previsione della lettera a) comprende le trasgressioni residuali, sempreché apprezzabili penalmente, cioè non depenalizzate".

  • Trattasi di considerazioni sicuramente pertinenti anche rispetto alla nuova formulazione dell'art. 44, 1° comma - lett. a), del DPR. n. 380/2001, con la necessaria precisazione che il concetto di "residualità" deve essere interpretato alla stregua del principio di tassatività delle fattispecie penali incriminataci, che porta comunque ad escludere dall'ambito di operatività della contravvenzione in oggetto inosservanze diverse da quelle individuabili secondo il tenore letterale della norma.

  • Nella ricostruzione delle singole ipotesi di inosservanza che integrano il precetto della disposizione sanzionatoria in esame - comunemente e pacificamente considerata quale "norma penale in bianco" (vedi Cass., Sez. Unite: 29 5.1992, Aramini e 12.11.1993, Borgia) - e con precipuo riferimento alla "inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive", ritiene il Collegio che inosservanze siffatte devono par sempre riguardare la coadotta di trasformazione urbanistica o edilizia del territorio.

  • L'art. 44, 1° comma - lett. a), del DPR n. 380/2001 si riferisce testualmente alle disposizioni di legge "previste nel presente titolo", vale a dire il titolo IV della prima parte del testo unico in materia edilizia, comprendente gli articoli da 27 a 51, e ciò si palesa come una formulazione riduttiva rispetto alla corrispondente fattispecie incriminatrice previgente (l'art. 20, lett. a, della legge n. 47/1985), che, punendo "l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalle presente legge, dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni", veniva interpretata come un rinvio aperto a tutta la legislazione urbanistico-edilizia, comprensiva ~- secondo parte della giurisprudenza (vedi Cass., sez. IlI: 7.3.1993, Gorraz e 7.3.1995, Garofalo) - anche delle leggi regionali che costituiscano integrazione dette norme per il controllo dell'attività urbanistica ed edilizia.

  • Nel precetto attualmente vigente (più aderente al principio di tassatività della fattispecie penale) manca qualsiasi riferimento espresso alla possibilità di integrazione degli articoli da 27 a 51 del T.U. n. 380/2001 da parte della legislazione regionale (tenendo sempre conto, comunque, delta preclusione posta dall'ultimo comma dell'art. 10 nei casi in cui sia la legge regionale ad individuare ulteriori interventi sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire).

  • Quello che più conta, però, nella valutazione della vicenda in esame, è che la violazione contestata afferisce ad un adempimento di carattere amministrativo che non riguarda la condotta di trasformazione del territorio.

  • Il DURC [documento unico di regolarità contributiva, disciplinato attualmente, per le opere edilizie, dall'art. 90 del D.Lgs. 9.4.2008, n. 81 (in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro) come modificato dal D.Lgs. n. 106/2009] è un certificato che attestala regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento.

  • Esso, ai sensi dello stesso art. 90, comma 9 - lett. e), del DLgs. n. 81/2008, deve essere trasmesso dal committente o dal responsabile dei lavori "all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività".

  • La normativa nazionale in materia di regolarità contributiva è spesso integrata da leggi regionali che individuano ulteriori fasi o particolari motivazioni che rendano necessario acquisire il DURC (ad es: richiesta del certificato, nei casi di lavori privati in edilizia, anche alla fine dei lavori).

  • Il DURC rappresenta, dunque, un utile strumento per l'osservazione delle dinamiche del lavoro ed una forma di contrasto al lavoro sommerso e consente il monitoraggio dei dati e delle attività delle imprese affidatane di appalti.

  • Tutto ciò non ha nulla in comune con il governo del territorio (anche nella sua accezione più ampia) e la previsione dell'art. 90, 10° comma, del D.Lgs. n. 81/2008 -secondo la quale "in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l'efficacia del titolo abilitativo" - ha carattere di sanzione amministrativa ulteriore rispetto alla sanzione amministrativa pecuniaria comminata, per la violazione dell'art. 90, comma 9 - lett. e), dall'art. 157, lett. e), del medesimo D.Lgs. in esame.

  • Il legislatore, dunque, non ha inteso prevedere sanzioni penali per le omissioni riferite alla trasmissione del DURC e sanzioni siffatte non possono essere surrettiziamente introdotte facendo ricorso alla previsione dell'art. 44, 1° comma - lett. a), del T.U. n. 380/2001.

  • Una norma residuale in materia di reati edilizi ed urbanistici - quale è pacificamente considerata quella di cui all'art. 44, 1° comma - lett. a), del D.P.R. n. 380/2001 - risponde, infatti, all'esigenza di evitare che vadano esenti da pena condotte di aggressione al territorio che si traducono nella violazione sostanziale delle norme che prescrivono le modalità con cui possono concretamente essere effettuate le trasformazioni del suolo.

  • Nella specie, in conclusione, il Tribunale ha correlato la sanzione penale alla inosservanza di una normativa prevista dalla legislazione statale e da quella regionale non a fini urbanistici ed in relazione ad un comportamento omissivo per il quale, in sede propria, il legislatore statale ha inteso comminare soltanto sanzioni amministrative.

 

data documento:
3-6-2011
file:
fonte:
Olympus